"Ma, quando niente sussiste d'un passato antico, dopo la morte degli esseri, dopo la distruzione delle cose, più tenui ma più vividi, più immateriali, più persistenti, più fedeli, l'odore e il sapore, lungo tempo ancora perdurano, come anime, a ricordare, ad attendere, a sperare, sopra la rovina di tutto il resto, portando sulla loro stilla quasi impalpabile, senza vacillare, l'immenso edificio del ricordo."
(M. Proust)

31 marzo 2011

alfabeto alimentare - E come erbette (dei prati)

In onore della Primavera con la P maiuscola, finalmente arrivata anche a queste infelici latitudini, in onore della mamma che l'ha raccolta e di Antonella che ha fornito le uova delle sue galline.
Un nido di tarassaco e di radicchietto novello che è diventato insalata subito dopo lo scatto.
Adoro le erbe spontanee: tarassaco, borsa del pastore, crescione, primula, silene, piantaggine, ortica, malva. Ma quante ce ne sono? Ognuna con le sue considerevoli proprietà fitoterapiche (..)

Dalle nostre parti tra qualche giorno compariranno anche le famigerate "lingue", erbina che sembra appartenere alle poligonacee e che si consuma cotta.

Le zie, le nonne, le mamme cominciano a pascolare sui prati, curve, ricordando probabilmente le loro antenate mondine, e riempiono sacchi interi di queste erbe oblunghe e un pò durette che verranno stufate con MOLTA acqua e la carne di porco à coté. E la polenta, naturalmente.
Si scatenano rivalità insospettate fra persone altrimenti miti: e quella ne ha raccolte due borse in una mattina - dilettante! - e quell'altra è stata imprecisa - erano piene di fili d'erba, ci ho perso la giornata a mondarle!

Il divertimento è raccogliere, non mangiare.
Mio papà va a cercar funghi da una vita e non ne mangia.
Ma questa è un'altra storia.

(PoveraPazza)

29 marzo 2011

alfabeto alimentare - D come dattero

La D è stata dura. Che alimenti ci sono con la D? Dentice, Dattero, Dado..Poca scelta, che cavolo.
Siccome cucino raramente dolci, vada per il dattero.
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Frutto dell'omonima palma, parla di NordAfrica e Medioriente. Non credo faccia benissimo: con il 60-70% di zuccheri risulta essere molto calorico. Cotto nel latte, sembra essere un toccasana per le vie respiratorie. Una volta ogni tanto si può anche fare uno strappo alla regola, no?

Per questi bicchierini mi sono ispirata ad ingredienti tipici dei Paesi in cui il dattero viene coltivato: ricotta, miele, menta, yougurt. Il risultato non è stucchevole, anzi.

Per quattro bicchierini:

10+6 datteri (io ho usato quelli secchi, ma i freschi sono molto molto migliori)
150 gr di ricotta
2 cucchiai di yougurt greco
1 cucchiaio colmo di miele
2 lime
10 foglie di menta
2 gr di agar-agar
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Spremere i lime e, a caldo, sciogliere il miele nel succo. Aggiungere l'agar agar.
Frullare la ricotta con la menta. Incorporare il succo alla crema.
Tritare a coltello 10 datteri e mescolarli allo yogurt.
Preparare i bicchierini: sul fondo fare uno strato di ricotta e menta e lasciarlo rassodare in frigo per qualche minuto. Successivamente adagiare al centro un cucchiaio di crema di dattero e ricoprire con la ricotta. Decorare ogni bicchierino con tre mezzi datteri.
Lasciare in frigo per una notte.
(PoveraPazza)

25 marzo 2011

pesto di pistacchi e rucola e un sondaggio


 Buongiorno a tutti, sono il pesto di rucola.
Sono molto facile da preparare, basta passare al mixer un mazzetto di rucola selvatica (o almeno biologica), 80 gr di pistacchi sgusciati, un peperoncino, la scorza grattugiata di un limone e il suo succo, sale e olio quanto basta a rendere il composto cremoso ma non molle.
Miglioro se mi si lascia riposare in frigo per qualche ora e sono ottimo con le verdure grigliate (ieri sera erano zucchine, per dire).
Mi accompagno volentieri anche al pesce cotto a vapore o, come nella foto sotto, pochè: si sala del pesce a carne soda (cernia, merluzzo, persico), gli si legano attorno delle erbette (qui, aneto). Nel frattempo, in un pentolino, si fa scaldare dolcemente tanto olio d'oliva quanto basta ad immergerci il pesce. Si può aromatizzare con uno spicco d'aglio senza l'anima e un peperoncino. Sarà pronto per accogliere i filetti quando comincerà a fare piccole bollicine attorno ai corpi estranei. Cuocere a fiamma dolcissima per 7-8 minuti. Mi assicurano sia delizioso.



Ma veniamo al sondaggio: mi si nota di più se mi poso leggiadramente su fondo verde tenero e primaverile, su bianco puro o su nero a contrasto?
L'amica Vinca, che ha aggiunto levità e colore a questi scatti, forse preferice il bianco.
E voi?


(PoveraPazza ha dato voce al pesto)

23 marzo 2011

zuppa zucca azuki - allitterazione fumante


Mai mangiato fino ad oggi i fagioli azuki. Non per antipatia, ma per mancanza di occasione.
In uno dei pacchi di Natale con tag "roba per il blog" e "roba per le cene del giovedì" si trovavano i fagioletti marrone rossiccio, bio. Nel mood primaverile "si deve provare tutto", ho provato a farne germogliare un pugnetto con esiti nulli (dopo tre giorni, nonostante i ripetuti lavaggi e drenaggi e cambi d'acqua, emanavano un puzzo ripugnante. Avevano sì estratto il capino, ma la germinazione era finita lì. Loro son finiti negli scarichi comunali. Amen).
A questo punto si rendeva necessaria una soluzione alternativa. Umido? No, che fa tanto inverno. Dolce? No, che non ho il coraggio. Zuppa? Massì, che la zuppa calda, a sera, fa casa e rassicura.

Questa è una ricetta adattata da una ricetta adattata di Heidi. Adattamento esponenziale.
Che serve? Per quattro o per i soliti due che poi vanno avanti giornate a mangiare la stessa cosa:

1 cucchiaino di cannella in polvere
1 cucchiaino di coriandolo in polvere
2 -3 peperoni verdi piccanti
1 grosso porro (solo la parte bianca)
2 tazze abbondanti di zucca gialla mondata e tagliata a cubetti
1 latta di pomodori a pezzi di buona qualità
2 tazze abbondanti di fagioli azuki precedentemente fatti rinvenire e cotti
coriandolo tritato
olio extra vergine e sale marino integrale
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Scaldare due cucchiai d'olio, aggiungere la cannella, il coriandolo e i peperoni e saltare per un minuto o due. Aggiungere il porro e saltare per altri cinque minuti, fino a quando comincia ad ammorbidirsi. A questo punto versare la zucca, lasciare insaporire e poi aggiungere 5 tazze d'acqua. Far prendere il bollore a fiamma medio-alta, poi abbassare e lasciar sobbollire fino a quando la zucca avrà cominciato ad ammorbidirsi (una decina di minuti).

Con un frullatore a immersione passare grossolamente la zuppa (non deve diventare una vellutata!) e poi aggiungere il pomodoro e successivamente i fagioli cotti.
Proseguire la cottura per altri cinque minuti, aggiustare di sale , cospargere di cordiandolo tritato grossolanamente e servire.
Dai che di zucche se ne trovano ancora un bel pò! Tra pochissimo ci buttiamo su fave, piselli e asparagi!
(PoveraPazza)

21 marzo 2011

Milano da mangiare

 Sono bastian contrario. Leggo il post di Visintin sul Corriere che stronca Cavallaro e mi vien voglia di conoscerlo, 'sto Nicola.
So di una sua lezione per Incontri con lo chef e vado a vedere cosa combina.
Il ragazzo è comunicativo e ha belle idee. Non mi pare che voglia ad ogni costo cercare l'abbinamento stupefacente, ma ha il gusto della contaminazione. Approvo con condiscendenza, chi ama le stesse cose che amo io E' BRAVO. 

Si impasta lo spaghetto al nero di seppia
 Si sgusciano magnifici gamberi rossi

 Si prepara un fumetto di gran lusso

 Si affetta il mango

 e i peperoncini

 Memento

 Si frulla

 Si prepara la sfoglia
 Si impana il tonno
 Si fa rassodare il budino di mandorla

 Con gli avanzi si raviolizza

 commovente battuto di gambero rosso, polvere di cappero e di limone, budino di latte di mandorle e zenzero
 agliooliopeperoncini
 mon Dieu, le foie gras
 manca la papaya, arriverà

budino di latte di cocco e salsa salata all'arancia e extravergine, interessante e non stucchevole.

Prossimamente su questi schermi i goffi tentativi di imitazione della sottoscritta.
Sentite qua, cosa ci è toccato assaggiare: il battuto di gamberi, carta di riso, astice, cime di rapa e salsa piccante al mango, spaghetti al nero con ricci di mare e salsa al topinambour, tonno in crosta (il più ordinario) e il budino.

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Dopo il corpo, lo spirito. Sono anni che penso ad una contaminazione fra arte e cucina. Non sono la sola a rimuginare sull'argomento, pare. Per caso leggo di mangia l'arte, titolo metaforico ( che io farei diventare letterale) di un festival che tratta di cibo come veicolo e scambio fra culture diverse. Una idea interessante che si potrebbe sviluppare collettivamente, eh, ragazzi?!
La grande città, a volte, non è nemica. Stimola e rallegra chi è curioso. E io, modestamente, lo fui.
(PoveraPazza)
Ah! A volte la troppa curiosità frega: carino, ma dimenticabile, il vietnamita provato per cena. Nulla di cui scrivere a casa.


18 marzo 2011

leoni di sera, la mattina PESCI

La cena del giovedì, caduta in un giorno festivo, ha avuto più ospiti del solito.

Aperta, eccezionalmente, a maschi amici e cooperanti, a piume e coccarde tricolore.
Noi ragazze, nel pomeriggio, abbiamo avuto una sessione straordinaria di spignattamento "etnico".
Molte cose da assaggiare in piccola quantità: tapas o mezze, il concetto lo avete capito.
Come al solito non siamo riuscite a cucinare tutto quanto in programma, non abbiamo fatto neppure una foto, ma ci siamo divertite molto.
Magari più avanti posterò le ricette dei fagottini di pasta fillo con erbette e sumac (400 gr di bieta da taglio, 2 cucchiai di pinoli, due di olio d'oliva, uno abbondante di sumac, sale., 1 confezione di pasta fillo, burro per spennellare. Mescolare la bieta mondata e spezzettata con gli altri ingredienti usando le mani. Tagliare a metà nel senso della lunghezza un foglio di pasta fillo, spennellato con burro fuso. Porre un pugnetto di ripieno in un angolo e poi piegare a triangolo come si fa con le buste dell'esselunga. Cuocere in forno a 200° per 15-20 minuti)

del chicken tikka masala, dell'hummus, dei pasteis de bacalhau,dei bicchierini tricolori o del semifreddo di pere martin sec di Pietro, del riso rosso canadese e dei papad, delle crespelle vegetariane di Marco. Il pane senza impasto (questa volta di farro) e l'insalata di cavolo rosso sono già (tristemente?) noti.

La cena del giovedì sta diventando una piacevole consuetudine. Un'occasione per cucinare insieme, per passare del tempo rilassato e rilassante.
Son contenta.
(PoveraPazza)

13 marzo 2011

tu quoque

Tutti fanno il pane senza impasto, là fuori. Anche noi ci avevamo provato con esiti deprimenti.
La scorsa settimana avevamo scovato un video in cui un quattrenne, prezzolato con due tatuaggi all'acqua, si era prodotto in un pane molto molto migliore del nostro (pur cotto filologicamente in ghisa design Alessi). Mumble mumble: il libro di Jim Lahey già l'avevamo, la magnifica farina del Mulino Marino già l'avevamo sprecata una volta. Mancava una casseruolina di ghisa non troppo grande: ce la siamo procacciata (grazie a Filippo) a prezzo modico.
Dunque, pronti via.

Per 600 gr di pane:
farina Manitoba (stavolta, poi si vedrà): 400 gr
sale 8 gr
lievito di birra secco : 5 gr (lui dice 1 gr, ma con così poco a me non lievita)
acqua tiepida: 300 gr
crusca per infarinare 
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In una terrina mescolare farina sale e lievito. Aggiungere l'acqua e mescolare con un cucchiaio di legno. Il composto ottenuto sarà MOLTO colloso. If not, aggiungere uno o due cucchiai d'acqua.
Finito. Coprire con pellicola la terrina e dimenticarsela sul piano della cucina, non al sole, per un periodo che vada da 12 a 18 ore.
Io l'ho lasciata 16 ore. A questo punto sulla superficie dell'impasto si saranno formate delle bolle.
Ciò è bene.
Infarinare generosamente il piano di lavoro e, aiutandosi con una spatola, catafottere l'impasto in un solo pezzo sul piano medesimo. Cercare di dargli una forma tondeggiante usando le mani leggermente infarinate.
Cospargere di crusca un tovagliolo pulito e posare la massa molliccia di acqua e farina con la parte piegata di sotto, pensando: non ci riuscirò neppure stavolta. E' troppo molle.
Ricoverare il fagotto in una terrina stretta e con i bordi alti, in modo che la massa tenda verso l'alto.
Ricoprire con gli angoli del tovagliolo e lasciare lievitare per due ore. Anche qui, bolle a non finire.
Mezz'ora prima che scadano le due ore, arroventare in forno a 250° la pentola di ghisa con coperchio che vi sarete procacciati (ma credo che tutti l'abbiano, mancavo giusto io).
Estrarla con ogni cautela e le opportune misure di sicurezza dal forno e rovesciarci dentro il nostro composto che vuol esser pane, parte piegata in alto. In pratica si rovescia il tovagliolo nella pentola, tenendo una mano sotto a sorreggerlo.
Cuocere, coperto, nel terzo basso del forno per 30 minuti, poi scoprire e cuocere altri 15-30 minuti.
Estrarre e lasciar raffreddare completamente prima di affettare e sbranare con soddisfazione.
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Ecco, so che il mondo non stava con il fiato sospeso ad aspettare che anche qui si producesse il pane più famoso del mondo.  Ma io son contenta che sia venuto.
(PoveraPazza)






12 marzo 2011

purple rain - insalata tiepida di cavolo rosso




Non è primavera. No no no. Un cielo livido e novembrino ci parla di rape e cavoli. Narcisi e giacinti e primule e ranuncoli per ora li immaginiamo solo.  Le notizie dal Giappone mi fanno rabbrividire. E' una giornata blue. Anzi purple. E sta per piovere.

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3 cucchai di semi di girasole
1 cucchiaino di zucchero di canna
sale
olio extravergine di oliva
1 cipolla rossa a dadini
mezzo kg di cavolo rosso a striscioline
gli aghi di un rametto di rosmario, tritati
3 cucchiai di uvetta
1 cucchiaio di aceto balsamico 
50 gr di feta spezzettata

Facile facile. 
Tostare i semi di girasole in una padella antiaderente. Quando sono dorati cospargerli con lo zucchero. Appena si sarà sciolto, trasferire i semi su un piatto, separandoli per evitare che si incollino.
Saltare la cipolla nell'olio per un paio di minuti, con un pizzico di sale. Aggiungere le striscioline di cavolo e un altro pizzico di sale. Saltare ancora per qualche minuto (tre o quattro, non di più), aggiungere il rosmarino tritato e l'aceto. Mescolare bene. L'aceto renderà il cavolo sempre più morbido, ma lo scopo è quello di lasciarlo al dente, dunque prestare un minimo di attenzione in questa fase per evitare di cuocere troppo la verdura. Unire l'uvetta e i semi e da ultimo la feta spezzettata a mano.
Basta, finita. Servire tiepida.
Ho in mente di fare una cena di mezze, giovedì, e in uno slancio di organizzazione ho provato prima  un piatto che offrirò. E' tratto da Tessajara Cookbook, un poco adattato.

(PoveraPazza, più del solito)

7 marzo 2011

gnocchi di riso (ma anche pollo sesamo limone)


Quando si va in gita da Kathay (i milanesi e limitrofi sanno) si torna con sporte di cibi esotici che poi non ci si sogna di usare chissà per quanto tempo. Ai miei compagni mangiatori questi gnocchi di riso piacciono, tanto che al ristorante li ordinano sempre. Io non sono così entusiasta, però devo dire che il risultato non è male.
Ho provato a scattare le foto con l'iphone, mi sa che tornerò alla mia macchinetta, più vetusta ma - almeno lei - affidabile.
Come saprà chi legge le mie vicende su FB a causa di un aggiornamento del sistema operativo, ho perso (e nessuno le sa ritrovare - spero che la MelaMorsicata si metta una mano sulla coscienza e risolva il problema - non solo mio) TUTTE le foto degli ultimi tre anni. Quindi India, quindi più di un Lisbona, quindi Croazia, quindi molti molti cibi - non tutti memorabili ma qualcuno sì.
Vabbè, mi rassegno. Dico a tutti da anni che sono zen: è venuto il momento di dimostrarlo.

Dunque, un piatto domenicale ideale: veloce e colorato. Se si usa un intero pacco di gnocchi di riso avanzerà un enorme quantitativo buono per la schiscetta del giorno dopo.
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Per quattro persone:

GNOCCHI
1 pacco di gnocchi di riso (messi a bagno la sera prima)
2 porri (senza la parte verde)
4 -5 cm di zenzero, sbucciato e grattugiato
2 carote medie
2 coste di sedano
un pugno di piselli freschi
1 piccolo cavolo cinese o della scarola
200 gr di germogli di soia
coriandolo tritato
olio di sesamo e salsa di soia
POLLO
1 piccolo petto di pollo, tagliato a striscioline
1 limone, succo e scorza grattugiata
semi di sesamo
olio d'oliva, sale, pepe
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Facile facile: nel wok fare appassire le rondelle di porro e lo zenzero grattugiato in poco olio di sesamo. Aggiungere carote a bastoncini e sedano a tocchetti. Appena ammorbiditi unire anche il cavolo cinese o la scarola a striscioline e infine i germogli.
Aggiungere un pochino d'olio d'oliva e tre- quattro cucchiai di salsa di soia e far saltare le verdure con gli gnocchi ammorbiditi e scolati. Saranno necessari almeno cinque minuti.
Cospargere con coriandolo tritato.

Mentre le verdure si amalgamano agli gnocchi, in una piccola padella saltare in poco olio  il pollo a striscioline ed i semi di sesamo. Salare leggermente. A cottura quasi ultimata bagnare con il succo di limone e guarnire con la buccia grattugiata.

Servire gli gnocchi come contorno della carne o viceversa.
La consistenza un pò viscidina di entrambi i piatti fa molto listolante di ciaina taun vero. O almeno verosimile.
 

(PoveraPazza)

4 marzo 2011

alfabeto alimentare - C come cavolo (romanesco)

Un frattale del cavolo, questo broccolo romanesco. Che fa bene come tutte le crucifere (o brassicacee che dir si voglia). Lo cuciniamo al forno in un modo interessante, tratto dal mai troppo decantato Plenty di Yotam Ottolenghi:

1 cavolo romanesco, a cimette
1 grossa cipolla
1 etto di uvetta
10 pistilli di zafferano
prezzemolo tritato
sale, olio d'oliva.
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Preparare un infuso di zafferano, coprendo di acqua tiepida i pistilli.
Affettare la cipolla a rondelle.
In una ciotola capiente unire: cavolfiore, cipolla, uvetta, un filo d'olio e l'infuso di zafferano.
Salare.
Trasferire la preparazione in una pirofila e cuocere in forno a 200°, coperto con carta stagnola, per quindici minuti: la verdura deve risultare ancora croccante. Dopo cinque minuti mescolare bene e terminare la cottura.
Lasciare intiepidire e servire cospargendo di prezzemolo tritato.



 Siamo in ambasce. Per la D ci vengono in mente solo Daikon (che vabbè) e Dattero. Forse Dentice??
(PoveraPazza)

1 marzo 2011

alfabeto alimentare - B come bieta (da costa e da taglio)

Proseguiamo con l'alfabeto alimentare. Niente di esotico: è la volta della bieta, casalinga e un pò triste.
Da piccini ci costringevano a mangiarla perchè fa bene. Non allo spirito, pensavamo. Ma la clorofilla, ci dicevano, ha un'importante funzione antianemica, purifica il sangue, tonifica il cuore, regola il livello di colesterolo, cicatrizza, disinfetta e deodora la pelle, neutralizza le tossine e ricostruisce i tessuti. Ma noi siamo bambini, che ci importa del colesterolo? Vogliamo il salame, la panna, quelli sì, che fanno bene.
Proviamo, da grandi, a trarne un piatto non punitivo ma detox quanto basta.
Per uno stampo da soufflè di 24 cm di diametro:

1 cespo di bieta da costa (circa 1 kg),
4 patate medie
ricotta infornata, grattugiata 50 gr
provola 50 gr
2 uova 
pangrattato 2 - 3 cucchiai
olio d'oliva, sale e pepe

Lessare le patate con la buccia, mondarle e poi passarle allo schiacciapatate.
Lavare bene la bieta e tagliarla a pezzi irregolari (tutta, anche le coste) e farla stufare in un tegame, coperta, senza nulla: la sua acqua di vegetazione sarà sufficiente a farla cuocere. Eliminare l'acqua in eccesso e tritarla al mixer.
Preparare l'impasto unendo alle due verdure la ricotta, le uova intere, poco sale e il pangrattato se dovesse risultare troppo morbido. Aggiustare di sale e pepe.
Ungere di olio lo stampo scelto e cospargerlo di pangrattato.
Stendere un primo strato di composto, livellando bene, e distribuire metà della provola a dadini.
Ricoprire con il restante impasto, decorare con bastoncini di provola, cospargere di pangrattato e infornare a 200° per 50 minuti.
Servire, se piace, con una salsa di pomodoro leggera e magari un pò piccante.

Come per il gattò di patate si può arricchire con qualsiasi ingrediente animale vi venga in mente.
Questa versione è solo veggie, però buona.
E poi.
La pusher di verdure biologiche, che pensavamo emigrata in luoghi più favorevoli, si è rifatta viva, aprendo improvvisamente prospettive diverse.
Ieri sera nevicava (altro che giardini di marzo che si vestono di nuovi colori), ci siamo inventati, con Pietro, una cena vegetariana, caldina e un pò esotica. Le bietine da taglio parlavano di primavera, i ceci dell'inverno ancora presente, tamarindo e za'htar profumavano di esotico e il limone di Sicilia.
Per 6 persone:
1kg di bieta da taglio
1 cipolla media
4 cucchiai di pasta di tamarindo
1 cucchiaio di kummel
1 cucchiaino di za'hatar
1 peperoncino
400 gr di ceci cotti
1 limone
1 cucchiaio di estratto di pomodoro
400 gr polpa di pomodoro di buona qualità
sale pepe olio d'oliva
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Lavare bene la bieta da taglio e tagliarla a striscioline di 1 cm.
Tritatre la cipolla e ridurre in polvere il kummel.
Diluire il tamarindo con tre o quattro cucchiai di acqua tiepida, elimando semi e filamenti attraverso un setaccio fine.
Far andare la cipolla e il kummel  e lo za'htar in un filo d'olio. Dopo due minuti aggiungere il peperoncino l'estratto di pomodoro e poi la polpa. A questo punto unire la bieta e i ceci. Salare  e pepare.
Quando la bieta si sarà ridotta un poco di volume bagnare con la pasta di tamarindo preparata. Coprire e lasciare stufare per una decina di minuti. A fuoco spento bagnare con il succo di limone e servire con riso basmati classico.
(PoveraPazza)