"Ma, quando niente sussiste d'un passato antico, dopo la morte degli esseri, dopo la distruzione delle cose, più tenui ma più vividi, più immateriali, più persistenti, più fedeli, l'odore e il sapore, lungo tempo ancora perdurano, come anime, a ricordare, ad attendere, a sperare, sopra la rovina di tutto il resto, portando sulla loro stilla quasi impalpabile, senza vacillare, l'immenso edificio del ricordo."
(M. Proust)

28 giugno 2010

Le CaKKe di Sophie

Non sarà una incursione tra imbarazzanti capitoli del Marchese de Sade. Il nome di questo preparato tappabuchi è la storpiatura familiare de 'Les cakes de Sophie' (se non ho malamente trascritto il titolo).
Ovviamente non mi sarei neppure sognato dell'esistenza della signorina Sophie. E' come sempre merito dell'inquitudine della Povera Pazza, che ha tanto di libro dal quale io, diligente scolaro, ho tratto qualche furtiva fotocopia. Dunque, per le referenze bibilografiche chiedete a lei.
Sta marpiona di Sophie, ha scopiazzato da qualche parte la ricetta di base della Cake e ha confezionato 'nu cuofano' di volumi in cui con la dedizione minimalista di PhilipGlass ha farcito la Cake medesima con tutto quello che può passare un banco frigo della Carrefour (sua degna connazionale) ai saldi.
Scoperto l'inganno qui se ne propone una variante che la povera mangia lumache non ha partorito (almeno per quanto si evince dalla mia personale ricerca bibliografica).


Come potete vedere dal piatto in effige la variante è context sensitive (non trasversale dunque alle gerarchie linguistiche di Chomsky). Pomodorini  (meglio se del vesuvio), provola (meglio se di agerola) basilico (di dove vi pare).
La variante più amata non è comunque questa. Essa, fedelmente tratta da pagina autografa della Sophie, usa formaggio caprino in scorza e zucchine. Devo ammetterlo, vale la pena provarla. Le preparo di solito in coppia, per stuzzicare con l'esotico il palato napoletano (impresa di difficoltà confrontabile a far intonare bella ciao al ministro onorevole Bondi) ma per blandirlo subito dopo rassicurante con il generoso seno materno.
E statevi attenti che le insidie non mancano.
Per onorare il nome di questo blog, non sono mancate le scene di panico in contesti in cui serviva un profilo elevatissimo. Ricordo un allegro consesso in cui io e il povero Amedeo Bolinari eravamo accerchiati da una greggia di zompaperete posillipine (per lo più coeve dell'uomo mascherato). Dovete sapere, anche se non serve all'economia del racconto, che la posillipina verace parla con la erre arrotata e, soprattutto, è esaurita.
Ciascuno, in questa merenda fredda con vista Capri, esibiva le sue prodezze culinarie. Io le due cacche.
Al taglio della prima (la versione neapolitana pomodori e provola) si aperse il baratro. Cruda. Terra inghiottimi. Incerto se scipparmi i panni 'a cuollo o tentare la sorte con la cacca di riserva, ho battuto la seconda via. Neanche Silvan sarebbe riuscito a far sparire la prima con maggiore destrezza. La seconda mi ha salvato.

La ricetta. Per l'impasto base (quello che ha fatto la fortuna della Sophie)
3 uova
120 g di latte intero
80 g di olio di girasole
una bustina di lievito per salati
80 g di parmigiano grattato
150 g di farina.

In una terrina sbattere le uova, unire la farina, il lievito, un pizzico di sale, a goccia l'olio, il latte tiepido e, infine, il parmigiano. Una grattata di pepe.
Si dovrebbe ottenere un impasto liscio e non eccessivamente denso.
Nell'impasto vanno uniti gli ingredienti che danno il tema.
Nel caso in questione una decina di pomodorini tagliati a metà, privati dei semi e dell'acqua e passati in padella pochi minuti per appassirli (nella seconda variante 200 g di zucchine a rondelle passate dieci minuti in padella con un filo d'olio e poi asciugate).
Aggiungere poi 200-300 g di provola a dadini (meglio se non troppo fresca per evitare un eccesso di siero).
(Nella variante 200- 300 g di caprino con scorza). Mescolare all'interno anche una decina di foglie di basilico intero (nella variante Sophie parla di cerfoglio che non ho avuto mai la gioia di vedere e che sostituisco con timo e maggiorana).
Versare nello stampo lungo e rettangolare ed infornare per 45 minuti. Per lo stampo suggerisco uno stampo rettangolare lungo. Stampi corti che costringono l'impasto su spessori eccessivi mettono a rischio la cottura interna (vedi sopra).


Ovviamente questa è una torta salata molto umida.
Non va servita calda. Si prepara in anticipo (grazie a dio) e si può servire anche il giorno successivo.

ViPeron

27 giugno 2010

Disastro e redenzione (con deus ex machina): polpette di melanzane.

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I PARTE: DISASTRO

Padova, un qualche weekend di un qualche inizio estate di fine XX secolo.  Si preannuncia una visita pastorale a Padova del ViPeron, al tempo ancora in possesso delle sue facoltà mentali e spensierato indigeno di Hobbitville-Udine, ignaro - il nostro Frodo - della sua futura epopea a Mordor-Napoli.

Una visita del ViPeron con annessa cena non è evento da prendere sottogamba: non te la puoi mica cavare con uno spaghetto aglio e olio e una fettina panata!  Decido di sorprenderlo con un menù di stretta osservanza Partenopea - quando si dice il karma -  andando a pescare dal repertorio familiare  preparazioni meno battute e dai sapori esotici (esotici per Hobbitville, si intende). Ora, non ricordo la panoplia di piatti risultante - lo shock ha cancellato tutti i dettagli di contorno all'Armageddon che ha segnato la serata e la mia reputazione di ospite.  Faccio quindi una zoomata su uno degli highlight del menù,  le amatissime polpette di melanzane, da servire con una dotta storia, riferitami da mia madre, su preparazioni rituali di stretta osservanza vegetariana associate alla ricorrenza di Sant'Elena.

INCISO  Ma a quanti santi sono devoti i Napoletani? Solo nella mia famiglia, oltre alla succitata Elena, si adorano  Gennaro, Ciro, Patrizia, Antonio (di Padova), Leopoldo e Giustino. In aggiunta, una moltitudine di  Madonne di svariate provenienze e colori. E una buona dose di beati, apprendisti santi. Ogni santo/madonna/beato ha la sua specialità e le sue competenze. Parliamoci chiaro: il Paradiso napoletano è più che altro una succursale del monte Olimpo. D'altronde, Greci siamo.

Torniamo al dramma. Mia madre, come molte madri, è il mio personale dispensario di ricette familiari. Vista la  lontananza fisica, le ricette sono quasi sempre svelate al telefono e quasi sempre sommarie e approssimate. Dosi e tempi sono una pia illusione. Bisogna inoltre essere pronti a integrare ingredienti o procedure che saltano fuori magicamente, magari a qualche telefonata di distanza. Costante irritante è il commento di apertura che accompagna ogni lezione di cucina long-distance, dalla banale preparazione di una fresella al pomodoro, alle infinite fasi di costruzione di capolavori barocchi quali sartù, timballi, minestre
maritate o pastiere: "STAI TRANQUILLO, E' FACILE!".

E' "facile" se mi dici esattamente cosa fare. E' "facile" se mi metti in guardia dalla proditoria melanzana acquosa. E' "facile" se mi prepari ai pericoli di una frittura avventata. Sappiatelo: l'etimo di "melanzana" è "malum insanum", pomo velenoso.  Dicono sia dovuto al sapore amarissimo della melanzana cruda. Io credo invece che qualche pioniere maldestro abbia provato - il pazzo -  a farci delle polpette usando la ricetta imprecisa della madre.

L'accaduto ve lo racconto con una serie di drammatici fermo-immagine. Preparo l'impasto delle polpette. La mia faccia perplessa. Hmm, è un po' molle. La padella con tanto olio. Sulla fiamma viva. La mia mano indecisa tiene sospesa una molle palla di bolo verdastro e umidiccio sullo specchio immoto dell'olio rovente. La palla infine si tuffa nell'olio con un sonoro pluf! Per un istante il mondo si ferma. Poi...


Poi, Hiroshima. Poi, l'esplosione di una supernova. Poi, il Big Bang. Qualcuno si precipita in cucina e cerca di scuotermi dall'abbacinato stupore che mi paralizza. L'olio è dovunque, tranne che nella padella. Lo sferico bolo verde si e' trasformato in una informe e maligna estrusione marroncina. La polpetta di Munch. 



"Stai tranquillo, è facile."

(CONTINUA)

P.S. Non temete, la ricetta CORRETTA seguirà. Si tratta solo di convincere la mamma (il deus ex machina del titolo) a essere un tantino più precisa nella descrizione. Voglio evitare altri olocausti nucleari.

(GeppetNo)

25 giugno 2010

agristada


Mi sono fatta un regalo, anzi due. Tre nuovi libri di cucina, diverse piantine aromatiche e due, DUE, piante di pomodoro. Non vedrò mai i frutti, questo è ovvio, ma almeno coltivo l'illusione.
I libri sono belli, molto.  Da qui  ho tratto la salsa oggetto del post di oggi.
Sono sempre più attratta da cucine mediorentali e mediterranee in genere. Mi piacciono i piatti con pochi ingredienti, pochi condimenti e cotture veloci.
Questa salsa, ad esempio, è la sorella light (issima) della maionese. Non ha un goccio d'olio.
Ma è buona, imprevedibilmente buona.
Sembra essere tipica della cucina Sefarditica di Grecia e Turchia, ma io, nella mia beata ignoranza, non ne avevo mai sentito parlare.
Viene usata come accompagnamento di verdure bollite o a vapore e di pesce, ma nulla vieta di usarla come salsina per BBQ (carni bianche e zucchine, la sua morte!).
Si fa con l'ACQUA. Ma ci credereste?
In origine al posto del succo di limone si usava l'agresto, un succo d'uva acerba. Chi l'avesse si senta libero di sostituire 8-)
Per 6 persone serviranno:
1 cucchiaio di fioretto di mais (magari funziona anche l'altra farina, non so. Io l'avevo e ho usato questa)
mezzo litro d'acqua o brodo vegetale
3 uova, leggermente battute
il succo di due limoni
sale, 
1 - 2 cucchiaini di zucchero (a piacere).
Inumidire la farina con qualche cucchiaio d'acqua prelevato dal mezzo litro e formare una pastella liscia e senza grumi. Aggiungere il resto del liquido, mescolare bene e far sobbollire per una decina di minuti fino a che non si sia leggermente addensato.
In una ciotola battere uova e succo di limone, aggiungendo il sale, lo zucchero, e qualche cucchiaio della miscela acqua-farina. 
Incorporare le uova al resto dell'acqua bollente (fuori dal fuoco), mescolando bene. Riportare sul fuoco e, sempre mescolando, far addensare a fuoco dolcissimo. Non cuocere di più, altrimenti impazzisce!
Lasciar raffreddare e servire come si è detto.
Il mio pranzo di oggi è stato: nasello al vapore, un cucchiaio di agristada, rucola e due pomodorini.
Mi sento già magra!
ehmm..: per chi avesse notato il perdurare della latitanza dei vari Viperon, Bolinari e GeppetNo, posso solo dire che i felloni adducono scuse miserevoli come case sventrate, lavoro indefesso e visite parenti per NON produrre nulla. Millantatori!
(PoveraPazza)

21 giugno 2010

quinoa, mais voilà!


Da quando ho scoperto che quinoa si pronuncia, forse, come "keen-wa"mi sono inventata duecento rime (mica difficile, direte voi) per il titolo di un post.
Siccome però non ho ancora capito se trattasi di sostantivo maschile o femminile mi sono tenuta sul vago.
Digressioni a parte, ho comprato la mia prima scatola di quinoa, biologicaequaesolidale eccetera eccetera. In bella mostra sulla confezione campeggia la scritta "si cuoce come il riso". Dunque si userà pure come il riso? Tipo, funzionerà in un'insalata?
L'insalata però è fredda, qui ci saranno grosso modo 16-17 gradi. La facciamo almeno tiepida? 
E la facciamo diventare un piatto unico che ti risolve il pranzo della domenica soprattutto se sei stato a cena fuori il sabato e hai mangiato troppo (avvertenza: leggere senza prendere mai fiato, fino a qui, altrimenti non rende..).
Quinoa, verdure, erbe e un pò di mare?
E sia.
Per tre persone (o due con molta fame o due con fame normale ma che ne vogliono avanzare una porzione per cena):
due cipollotti freschi
un porro
un peperone rosso e uno giallo
dieci zucchine microscopiche con il fiore
due bei gambi di sedano
un ciuffo di basilico
300 gr di calameretti
300 gr di code di mazzancolle
un limone
una tazza e mezza di quinoa (io ho usato quella gialla)
Lessare il quinoa in tre tazze d'acqua bollente salata fino a quando non esce la piccola spirale (carina!), dovrebbero bastare 10-15 minuti
Pulire i calamaretti e sgusciare le mazzancolle. Cuocere entrambi a vapore (sono debitrice a Viperon per questa essenziale dritta sulla cottura !!). Anche qui una decina di minuti saranno sufficienti.
Tagliare a rondelle cipollotti e porro, a dadini i peperoni e le zucchine a bastoncino, dopo aver staccato il fiore.
Saltare in un filo d'olio prima i cipollotti ed il sedano, aggiungere successivamente i peperoni e dopo qualche minuto anche gli zucchini. Lasciare insaporire tutto insieme ma non cuocere troppo a lungo, le verdure devono essere molto croccanti.
Friggere brevissimamente e poi sgocciolare i fiori di zucchina.
Tagliare ad anelli i calameretti.
Tagliare anche il sedano a rondelle.
Riunire in una ciotola le verdure saltate, il pesce, il sedano ed il basilico spezzettato.
Scolare il quinoa ed amalgare il tutto, aggiustando di sale e pepe e condire con un filo d'olio.
Presentare con i fiori di zucchina ed il limone a quarti.
Assaggiati da soli questi semini hanno un sapore direi..erboso, piacevole e strano.
Con gli altri ingredienti sono neutri e non sovrastano affatto. Considerando che paiono essere ricchissimi in proteine, mangiamocene un bel pò.
(PoveraPazza)


18 giugno 2010

per scaldare il cuore: vellutata di zucchine e pane al kamut

Siamo quasi a metà giugno e oggi sono stata tutto il giorno con : maglietta a maniche lunghe più maglioncino di cotone pesante. Senza calze perchè mi rifiuto di metterle ma con i piedi gelati.
La depressione da tempo infame, come vedete, perdura.
Sono corsa a comprarmi diversi oggetti fotografabili per tirarmi un pò su. Non è successo ma almeno sono belli.
Tornata a casa ho pensato a dei cibi che si abbinassero ai nuovi contenitori e non viceversa. Lo so, è folle, ma ogni strategia aiuta a non correre dall'analista (almeno per questa volta).
Mentre impastavo la mia creatura al kamut, la lasciavo lievitare e la guardavo ammirata, ho preparato una vellutata di zucchine per la ciotola turchese: 

ho sbucciato due spicchi di aglio fresco (che è più delicato) e li ho fatti andare in due cucchiai d'olio d'oliva, ho aggiunto una patata media tagliata a dadini e poi tre zucchine belle croccanti e non grandi, tagliate a cubi, un piccolo peperoncino tondo e una bustina di zafferano. Dopo qualche minuto ho unito qualche mestolo di brodo vegetale in modo da coprire appena le verdure ed ho lasciato sobbollire per una ventina di minuti.
Fuori dal fuoco ho unito qualche foglia di basilico ed ho frullato la vellutata, guarnendo con zafferano in pistilli.  L'aglio fresco, volutamente frullato insieme al resto, non è per niente pungente, vi assicuro.


Ho servito la vellutata BELLA CALDA con un cucchiaino di creme fraiche e devo dire che era proprio buona. Non ospedaliera come di solito sono le creme con gli zucchini che hanno un sapore così neutro e neppure troppo salata. Armoniosa, mi è parsa.

Per continuare la cena in bellezza, ecco la creatura:

il mio primo pane solo di farina acqua e sale. E lievito. E pasta acida essiccata.
Al SuperPolo avevo preso, oltre alle varie farine per giocare (a proposito, ho il CINABRO- vedi qui) anche la pasta acida, appunto.
Ho mescolato il mio mezzo chilo di farina di kamut integrale e biologica con due cucchiaini di zucchero, una bustina di lievito di birra essiccato e mezza bustina della pasta acida essiccata (intera era per un chilo di farina) e con un cucchiaino e un pò di sale fino.
Ho poi impastato con tanta acqua quanta necessaria ad ottenere una pasta liscia ed elastica (circa 300 ml). Ho lasciato lievitare l'impasto in una ciotola coperta da un panno, in forno spento ma con la lampadina accesa, per almeno un'ora.
Ho ripreso la palla ormai lievitata e l'ho rilavorata con grande energia (meglio della palestra) per un altro quarto d'ora.
Ho dato la forma di una pagnotta allungata, ho praticato alcuni tagli sulla superficie ed ho rimesso a lievitare per un'ora e mezza (ma la prossima volta provo a lasciare di più) e poi ho cotto la creatura a 200° per 45'. Mi sono ricordata che il mio vecchio maestro diceva di lasciare un recipietne con acqua dentro il forno elettrico, per dare umidità, e così ho fatto.
La pagnotta stamattina era molto bella e la casa profumava di   .. non so.. non di pane normale. Il frumento ho un profumo diverso, questo era più di fieno tagliato e steso al sole, mi pareva.
Ma sarà stato il desiderio di caldo e di sole che mi faceva delirare!
Stasera la creatura si è accompagnata a salmone affumicato con creme fraiche all'aneto, prosciutto di Parma e robiola di Roccaverano. Alternativamente, certo.

Il cuore si è scaldato, le membra si son buttate in un bagno caldo.
Ora stanno tutti bene.
(PoveraPazza)

16 giugno 2010

colazione sperimentale: per quando sarà estate


E' ufficiale: sono depressa. Due giorni di pioggia torrenziale fiaccherebbero resistenze ben maggiori.
Ho provato a ringalluzzirmi con una colazione-che-diventa-dolce-che-può-essere-anche-salata MA NIENTE.
Per ora sono ancora bluissima.
Mi ero comprata un tot di farine alternative per provare questo e quello, pregustando il caffelatte del mattino con una fetta, chessò, di cake al kamut, seduta al sole sulla MIA TERRAZZA.
Nisba- nada- rien.
Acqua a catinelle (vi scrivo con le reali terga umidicce causa finestrino dell'auto dimenticato aperto, per dire), cieli plumbei e nessun colore.
Però almeno la farina di riso l'ho aperta e ne sono venute fuori delle cialdine che si abbinano al dolce e al salato indifferentemente. Non male, direi, anche se niente di veramente esaltante.
Ne ho fatte una decina, piccoline, con 200 gr. di farina di riso, un cucchiaio di olio d'oliva, un pizzico di sale e una punta di cucchiaino di bicarbonato. Si mescolano tutti gli ingredienti con acqua naturale, fino a formare una pastella non troppo liquida. Nella solita padellina antiaderente calda si versano due cucchiai del composto per ottenere queste piadine-crepes-pancakes del diametro di 8-10cm circa.
Si cuociono da entrambi i lati e sono pronte per essere usate come accompagnamento di qualche mangiarino salato, come salumi e formaggi o dolce, come questa composta di pesche con cui ho colazionato io.
Avevo delle pesche bianche senza granchè sapore che languivano nel frigo. Le ho tagliate a pezzettoni, condite con un cucchiaio di zucchero di canna e il succo di un lime. Ho fatto sciogliere in un pentolino una noce di burro e le ho saltate velocemente. Volendo si può aggiungere della menta tritata, del pepe di Sichuan o robe così. Se si preferisce una versione più consolatoria e dessert-like basta servire con una pallina di gelato di crema.
A me l'umore non si è rallegrato, magari a voi sì, carini.
(PoveraPazza)

14 giugno 2010

composta come un'insalata


La latitanza, miei cari, perdura. Le tre superstar(s) del blog sono variamente impegnate con i loro (prestigiosi) mestieri. La PoveraPazza si barcamena tra innumerevoli ore alla sua scrivania e varie attività che la tengono lontana dalla sua creatura virtuale. Venerdì, ad esempio, è andata ad un convegno su .. rullo di tamburi.. Web4Food. Ha conosciuto, in qualità di relatrici: Genny, Jasmine, Claudia e Sara.
E un fotografo e un markettingaro del web ecc.ecc. E' stato interessante, la PP si è accorta di quanto poco sarà seria nella sua programmazione editoriale: la disciplina non è mai stata il suo forte!
Dunque weekend lungo milanese, dove ha sì cucinato ma senza fotografare. Era tardi, alcuni piatti erano già stati più e più volte documentati sul web (gyoza) e.. niente.
Si posta dunque una ricetta che la PP ha mangiato senza cucinarla.
L'ha fatta, per una volta, Francesco per lei. Ed è buona, tanto da meritarsi gli onori delle cronache.
Francesco è un fedele suddito del sito della Cucina Italiana.
Apre il frigo, decide quali sono gli ingredienti da eliminare (tipicamente le verdure, così se le leva di torno), getta tutto nel motore di ricerca e cucina il risultato.
A volte son cose opinabili, ma l'insalatina composta è buona. Naturalmente la ricetta è stata piegata alle esigenze del frigo, quindi presentiamo la nostra versione.

Serviranno: 250 gr di patate, altrettante zucchine e 120 gr di carote, trito aromatico (rosmarino, salvia, prezzemolo, basilico), maionese leggera, curry, olio, aceto, sale e pepe.
Mondare le verdure, ridurre patate e zucchine in dadolata e le carote a bastoncini. Lessarle appena, separatamente, in acqua salata. Raffreddarle subito in acqua fredda.
Preparare il condimento: mescolare una cucchiaiata di maionese con abbondante trito aromatico, mezzo cucchiaino di curry, sale, pepe, un cucchiaio d'olio e uno d'aceto.
Raccogliere le verdure ormai fredde in una ciotola e condirle con la salsina preparata.
Buona anche da sola, può far da contorno a formaggi o carni grigliate.

Un sentito ringraziamento al cuoco,  per aver nutrito PoveraPazza ieri e pure oggi a pranzo!

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10 giugno 2010

la sindrome del bianconiglio - una salsina per tutti gli usi

Non ho tempo, non ho tempo, non ho tempo, non ho tempo. Mi sento come il bianconiglio (c'è chi dice che SONO il bianconiglio :-))
Sono giorni concitati, settimane concitate, mesi concitati.
Si lavora tanto, troppo. La palestra latita, la cucina latita, la creatura virtuale latita. Latita proprio la vita vera. Vabbè, son periodi, niente vittimismi. 
Il problema è immaginare ricette da cinque minuti e via, da fare in un lampo dopo una estenuante giornata.
Forse Un Pesto Alternativo buono per pasta, riso, verdura cotta e - forse - bruschetta?
Per la salsina: passare al mixer 30 gr di pinoli, 100 gr di spinaci novelli crudi, 10 foglie di basilico, 60 gr di ricotta di pecora,15 punte di asparagi appena scottate, il succo di un limone, un filo d'olio, sale e pepe.
Ieri sera la ragazza è servita da condimento a dei sontuosi pici dalla lunga cottura:


Stasera, quella avanzata, è servita a mantecare un Carnaroli agli asparagi (ho usato i gambi lasciati da parte ieri)


Il bello di questa salsina è che ..cambia. Ovvio, il riso è stato cotto nel modo classico, con cipollotto, vino bianco eccetera eccetera. Però i due piatti, con una componenete uguale, non erano neppure lontanamente simili come sapore.
E menomale, mica posso sempre mangiare le stesse cose! Sono (tristemente) note le mie creme di verdura invernali che durano una settimana intera: primo giorno a pezzi, secondo giorno passate, terzo giorno con riso e così via..
La cena si è chiusa con una ciotolina delle MIE fragoline autoprodotte (carine, loro!) condite con succo di lime, zucchero di canna e basilico.


Almeno il dessert è a kilometri (anzi a metri) zero. Direttamente dal vaso della terrazza!

Mi scuso per la scarsa qualità delle foto, di sera vengono proprio male!
(poverapazza)

8 giugno 2010

s-quiche erbivora 1.0 - con piattoni


C'è stato un tempo in cui le torte salate usavano molto tra i miei amici. 
Alcune erano indovinate, altre una mera scusa per finire derelitti rimasugli di frigorifero.
Non è mia abitudine cucinare per finire qualcosa. Preferisco mangiarla (oh..farla mangiare) così com'è, senza rovinare una ricetta potenzialmente buona con ingredienti non al loro massimo.
Vabbè, questione di snobismo immagino.
Dichiaro quindi pubblicamente che questa quiche è stata cucinata con ingredienti comprati appositamente. Le verdure cominciano ad avere un qualche sapore, finalmente. E confesso che mi è venuta una nuova mania: le farine. Oddio, questa è di farro, ma mi sono appena procacciata anche il kamut e il riso. Vi farò sapere.
Ho usato la pasta per torte salate di Felder che va molto di moda in rete. L'avevo già provata in precedenza trovandola soddisfacente.
Ho usato 100 gr di farina 00 e 100 gr di farina di farro integrale, 5 gr di sale, 90 gr di burro morbido a pezzetti, 20 gr  (un pochino meno) di acqua molto fredda, 1 uovo.
Si mescolano tutti gli ingredienti secchi con il burro morbido intridendolo, si aggiungono uovo e acqua e si impasta velocemente fino a che la pasta sarà liscia ed elastica. Si copre con pellicola e la si lascia riposare in frigo per almeno un'oretta.
Per il ripieno, questa volta, ho mescolato due tazze di piattoni lessati e tagliati a pezzetti con 150 gr di ricotta di pecora, due uova intere, una ventina di foglie di basilico tagliuzzate, 50 gr di ragusano grattugiato, due cucchiai di yougurt, sale e pepe.
Nel frattempo ho steso la pasta con il mattarello , abbastanza sottile, ho foderato una tortiera di 26cm di diametro ed ho bucherellato il fondo con una forchetta.
Ho lasciato cuocere in bianco per dieci minuti a 180°, ho completato poi con il ripieno livellato, decorato con dieci pomodorini ciliegia interi.
Ho cotto la torta per una quarantina di minuti a 200° (ma il mio forno credo scaldi un pò meno del normale).
Trovo che sia migliore se mangiata almeno tiepida e non fredda.
Come tutte le torte salate si conserva per un paio di giorni, diventando risorsa per pranzi in piedi o alla scrivania.
Penserete che ho la fissa della schiscetta, ma a pranzo ho sempre così poco tempo che mi farebbe piacere avere qualcosa di pronto da mangiare velocemente senza ripiegare sulla mia, pur amatissima, insalata.


Visto la mia peonia? Talmente bella da essere commovente.



2 giugno 2010

quinto quarto isolano : muellas di pollo delle Azzorre

Sono pazza per il Portogallo, ormai si sarà capito. Non solo la terraferma ma anche le isole.
Qualche estate fa ci siam fatti un bel giro alle Azzorre, da blandi camminatori. 
Le Azzorre sono note a tutti per il loro figliolino, l'anticlone che ci porta il tempo stabile ed estivo. Altro, forse, non si sa.
E ti credo: se ne stanno là, sperdute in mezzo all'Atlantico, a metà strada con l'America. Sono terre di prati e di mucche, di fiori, di balene. Bellissime. 
Di origine vulcanica, ci sono crateri e fumarole in ogni cortile, metaforicamente.
La mia preferitissima (parlando con licenza) è Flores, l'isola più remota, quella che sta alla fine  dell'Europa.  Si chiamerà così per via dei fiori(..)? Nella prima foto si vedono dei fioroni gialli, la conteria. Dicono siano infestanti, certo che per noi, abituati alla gramigna sono un bel diversivo.

Che ci azzeccano le Azzorre con quinti quarti e ricette e blog di cucina?
Luogo: Santa Cruz das Flores, "capitale" dell'isola e paese più popolato. Ora di cena. 
La stanza che ho trovato odora di sacrestia e non predispone al buonumore. Cerchiamo almeno un posto invitante in cui cenare. Ci hanno consigliato una certa mamma Maria o robe così che però non si trova. Vien fuori che, forse, è all'ospedale. Tocca ripiegare su una meno allettante trattoriaccia che è pur sempre l'unica alternativa.
Che si mangia? Come antipasto ci propongono muellas (con -sh finale, lì si pronuncia così). Forti del nostro francese assonante e gastro-scolastico ci diciamo: cozze. Bene, vada per le cozze.
Arriva questo piattino di sottaceti e .. e.. Ma che bontà, ma che bontà, ma che cos'è questa robina qua?


(immagine subdola e che si riferisce a un finger food azoriano. Trattasi di sasso di mare bollito, da cui si estraggono animalini minuscoli. Brr.)





Cos'è questa robina qua? Cozze non paiono, anzi non sono proprio cozze. Cerchiamo di farci spiegare, senza successo. Captiamo un galhina, ci pare che ci dicano che è cervello.
No, cervello di gallina no. Esaminando meglio mi pare che la consistenza gommosina ricordi una pietanza che la mia famigerata madre ci preparava da piccoli. Per evitare di mangiare intestino di gnu, la chiamo. "Mamma, sì, tutto bene. Ma senti, come si chiamano quelle cose a forma di otto, un pò gommose, che credo provengano dal pollo? E soprattutto COSA sono?"
Lei, incurante del fatto che non le telefono mai mentre sono in vacanza risponde garrula "sono i durelli, lo stomaco della gallina".
AH, ECCO. Lo gnu è salvo.

Non contenti dell'esperienza, li riproviamo. Hanno un sapore neutro, ma la consistenza è uguale a quella  degli orsetti alla cocacola. Irresistibile, almeno per me.
Tornati, li cerchiamo e  proviamo a replicarli.
Questa è l'ultima interpretazione.
Serviranno 500 gr di durelli di pollo puliti (all'esselunga ci sono confezioni da 250gr circa), una bella cipolla bianca, harissa, concentrato di pomodoro,  limone, timo, pomodori freschi o pelati.
I durelli tengono fede al loro nome e necessitano di una cottura prolungata. Avendo il tempo contato, questa volta, ho optato per la pentola a pressione.
Lavare bene i durelli (noi li continuiamo a chiamare muellas però, li abbiamo scoperti lì e resteranno sempre un cibo portoghese) , asciugarli e tagliarli a metà.
Fare un fondo con cipolla affettata e olio d'oliva. Dopo pochi minuti unire i durelli e lasciare insaporire. Proseguire con harissa e pomodoro concentrato e da ultimo i pomodori freschi o i pelati.
Salare moderatamente, aggingere un mezzo bicchiere di acqua e chiudere la pentola a pressione.
Far cuocere per trenta minuti dal fischio.
Aprire e far restringere il sugo che risultasse troppo liquido. Aggingere il succo di mezzo limone, un cucchiaino di zeste tritate e abbondanti foglioline di timo fresco. Aggiustare di sale e pepe.
Servire con un semplice basmati oppure con un chapati o una paratha, come proposto qui qualche tempo fa.

Se qualcuno si fidasse e temerariamente volesse provare mi dica cosa ne pensa. Le muellas hanno il pregio di costare pochissimo, quindi alla peggio si possono girare al gatto di casa. I miei due li schifano, ma quelli vogliono solo fegato di vitello alla griglia!!

ps: nei prossimi giorni su queste pagine, resoconto di gita e cene napoletane. Viperon sta affilando la tastiera.