"Ma, quando niente sussiste d'un passato antico, dopo la morte degli esseri, dopo la distruzione delle cose, più tenui ma più vividi, più immateriali, più persistenti, più fedeli, l'odore e il sapore, lungo tempo ancora perdurano, come anime, a ricordare, ad attendere, a sperare, sopra la rovina di tutto il resto, portando sulla loro stilla quasi impalpabile, senza vacillare, l'immenso edificio del ricordo."
(M. Proust)

2 giugno 2010

quinto quarto isolano : muellas di pollo delle Azzorre

Sono pazza per il Portogallo, ormai si sarà capito. Non solo la terraferma ma anche le isole.
Qualche estate fa ci siam fatti un bel giro alle Azzorre, da blandi camminatori. 
Le Azzorre sono note a tutti per il loro figliolino, l'anticlone che ci porta il tempo stabile ed estivo. Altro, forse, non si sa.
E ti credo: se ne stanno là, sperdute in mezzo all'Atlantico, a metà strada con l'America. Sono terre di prati e di mucche, di fiori, di balene. Bellissime. 
Di origine vulcanica, ci sono crateri e fumarole in ogni cortile, metaforicamente.
La mia preferitissima (parlando con licenza) è Flores, l'isola più remota, quella che sta alla fine  dell'Europa.  Si chiamerà così per via dei fiori(..)? Nella prima foto si vedono dei fioroni gialli, la conteria. Dicono siano infestanti, certo che per noi, abituati alla gramigna sono un bel diversivo.

Che ci azzeccano le Azzorre con quinti quarti e ricette e blog di cucina?
Luogo: Santa Cruz das Flores, "capitale" dell'isola e paese più popolato. Ora di cena. 
La stanza che ho trovato odora di sacrestia e non predispone al buonumore. Cerchiamo almeno un posto invitante in cui cenare. Ci hanno consigliato una certa mamma Maria o robe così che però non si trova. Vien fuori che, forse, è all'ospedale. Tocca ripiegare su una meno allettante trattoriaccia che è pur sempre l'unica alternativa.
Che si mangia? Come antipasto ci propongono muellas (con -sh finale, lì si pronuncia così). Forti del nostro francese assonante e gastro-scolastico ci diciamo: cozze. Bene, vada per le cozze.
Arriva questo piattino di sottaceti e .. e.. Ma che bontà, ma che bontà, ma che cos'è questa robina qua?


(immagine subdola e che si riferisce a un finger food azoriano. Trattasi di sasso di mare bollito, da cui si estraggono animalini minuscoli. Brr.)





Cos'è questa robina qua? Cozze non paiono, anzi non sono proprio cozze. Cerchiamo di farci spiegare, senza successo. Captiamo un galhina, ci pare che ci dicano che è cervello.
No, cervello di gallina no. Esaminando meglio mi pare che la consistenza gommosina ricordi una pietanza che la mia famigerata madre ci preparava da piccoli. Per evitare di mangiare intestino di gnu, la chiamo. "Mamma, sì, tutto bene. Ma senti, come si chiamano quelle cose a forma di otto, un pò gommose, che credo provengano dal pollo? E soprattutto COSA sono?"
Lei, incurante del fatto che non le telefono mai mentre sono in vacanza risponde garrula "sono i durelli, lo stomaco della gallina".
AH, ECCO. Lo gnu è salvo.

Non contenti dell'esperienza, li riproviamo. Hanno un sapore neutro, ma la consistenza è uguale a quella  degli orsetti alla cocacola. Irresistibile, almeno per me.
Tornati, li cerchiamo e  proviamo a replicarli.
Questa è l'ultima interpretazione.
Serviranno 500 gr di durelli di pollo puliti (all'esselunga ci sono confezioni da 250gr circa), una bella cipolla bianca, harissa, concentrato di pomodoro,  limone, timo, pomodori freschi o pelati.
I durelli tengono fede al loro nome e necessitano di una cottura prolungata. Avendo il tempo contato, questa volta, ho optato per la pentola a pressione.
Lavare bene i durelli (noi li continuiamo a chiamare muellas però, li abbiamo scoperti lì e resteranno sempre un cibo portoghese) , asciugarli e tagliarli a metà.
Fare un fondo con cipolla affettata e olio d'oliva. Dopo pochi minuti unire i durelli e lasciare insaporire. Proseguire con harissa e pomodoro concentrato e da ultimo i pomodori freschi o i pelati.
Salare moderatamente, aggingere un mezzo bicchiere di acqua e chiudere la pentola a pressione.
Far cuocere per trenta minuti dal fischio.
Aprire e far restringere il sugo che risultasse troppo liquido. Aggingere il succo di mezzo limone, un cucchiaino di zeste tritate e abbondanti foglioline di timo fresco. Aggiustare di sale e pepe.
Servire con un semplice basmati oppure con un chapati o una paratha, come proposto qui qualche tempo fa.

Se qualcuno si fidasse e temerariamente volesse provare mi dica cosa ne pensa. Le muellas hanno il pregio di costare pochissimo, quindi alla peggio si possono girare al gatto di casa. I miei due li schifano, ma quelli vogliono solo fegato di vitello alla griglia!!

ps: nei prossimi giorni su queste pagine, resoconto di gita e cene napoletane. Viperon sta affilando la tastiera.

9 commenti:

Sabrine d'Aubergine ha detto...

Resoconto molto interessante: ricetta compresa... Aspettiamo il prossimo, da Napoli...
A presto!

Sabrine

Unknown ha detto...

merci ma belle

paolo ha detto...

che posti..bellisimo come che si dice frengo?
cmq bbbono

Unknown ha detto...

sì, pollo si dice frango...

ViPeron ha detto...

Mmm io il fegato di vitello lo schifo. quindi se vuoi dare a me i durelli di pollo al posto del gatto....
Era l'unica delle frattaglie di pollo che mi piaceva mangiare da piccolo. Lessati e tutti imbrattati di maionese (dal tubetto, che barbarie!)

Geppino ha detto...

Attonito, leggo. L'orrore.

PoveraPazza ha detto...

Dai Geppo, non sono putridi come, per dire, il lampredotto o la trippa. Se non pensi a cosa sono li puoi assaggiare.
Ma vi avevo avvisato che avrei postato una roba alternativa..

Geppino ha detto...

Ho i miei limiti. Ho mangiato zampe di cammello, carpaccio di montone e meduse ma ho un vero e proprio timor panico di qualsivoglia viscere!

Alex ha detto...

Quanto mi piacerebbe visitare il portogallo, quando ero piccola mio padre ci ha vissuto per un anno per lavoro e quando tornava ci raccontava sempre di strani frutti di mare a forma di zampa di elefante. I durelli chissà se li ha mangiati anche lui - sicuramente gli sarebbero piaciuti da morire. Lui amava anche i nervetti. Io mi devo applicare.
Un abbraccio