"Ma, quando niente sussiste d'un passato antico, dopo la morte degli esseri, dopo la distruzione delle cose, più tenui ma più vividi, più immateriali, più persistenti, più fedeli, l'odore e il sapore, lungo tempo ancora perdurano, come anime, a ricordare, ad attendere, a sperare, sopra la rovina di tutto il resto, portando sulla loro stilla quasi impalpabile, senza vacillare, l'immenso edificio del ricordo."
(M. Proust)

23 dicembre 2013

pierogi, finalmente e AUGURI!

 Sarà stato il nome. non so. Un che di infantile che riporta alla mente Paperoga e la sua ingenua goffaggine. Sia come sia, da quando ho letto chissà dove, chissà quando, dell'esistenza di questi semplicissimi ravioli polacchi, ho pensato di rifarli. Un esperimento, con gli amici di sempre che mangiano senza giudicare. Finalmente li ho provati. Necessitano, forse, di qualche aggiustamento qua e là, ma il risultato non è stato malvagio. Leggero, come si addice a giorni di magro prima delle feste, ed economici, come richiedono i tempi.

Ne ho fatti molti, le dosi sono da mensa scolastica, ma giuro, li ho distribuiti tutti.
In Polonia il ripieno tradizionale è di patate e formaggio cremoso, o di crauti. Io li ho solo un pochino italianizzati, ma un pochino proprio.

Pierogi di patate, porri e carciofi.

Con queste dosi a me son venuti 112 pierogi. Moltiplicate o dividete di conseguenze, tenendo conto che sono molto leggeri e se ne possono mangiare 8-10 a testa.

per la pasta:
1 uovo grande, leggermente battuto
2 cucchiai di panna acida (o yogurt greco)
1 tazza di latte 8io parzialmente scremato)
1 tazza d'acqua
5 tazze di farina 0
un pizzicone di sale
semola per la spianatoia e i vassoi

Nella ciotola dell'impastatrice mescolare l'uovo con lo yogurt, aggiungere latte, acqua e la farina - una tazza alla volta. Impastare fino a quando la massa non sia più appiccicosa. Trasferire sulla spianatoia infarinata e impastare ancora a mano per pochi minuti. Formare una palla, infarinare, e lasciar riposare almeno un'ora sotto una ciotola rovesciate.
Trascorso questo tempo riprendere l'impasto, dividerlo in quattro e cominciare a stendere la prima parte, lasciando le altre al coperto per evitare che si secchino.
E' un'operazione molto semplice. L'impasto è morbido e si stende, sul piano ben infarinato, in un amen.
Tirare la sfoglia a 3-4 mm di spessore e ritagliare dei tondi, con un coppapasta di 7-8cm di diametro.

Farcire ogni tondo, tenendolo in mano, con un cucchiaino abbondante di ripieno, chiuderlo a mezzaluna sigillando con i rebbi di una forchetta. Adagiare i ravioli pronti su vassoi infarinati e mantenere coperti con pellicola trasparente - ma non chiudere ermeticamente.
Cuocere in abbondante acqua salata, pochi per volta, fino a che non saliranno a galla, lasciandoli galleggiare per un paio di minuti prima di  scolare con il mestolo forato e condire con burro fuso, Parmigiano e pepe nero macinato al momento.

Per il ripieno vegetariano:

12 patate a pasta gialla, medie
4 porri di medie dimensioni
4 carciofi spinosi
sale - pepe
50 g di burro


burro a piacere, per condire

Pelare le patate, tagliarle a quarti, coprirle di abbondante acqua salata. Portare a bollore e lasciar cuocere per una decina di minuti almeno o fino a quando non siano tenere. Scolare e lasciare intiepidire. Passare alllo schiacciapatate e raccogliere i vermini in una ciotola capiente.
Mentre le patate cuociono mondare bene i porri, tagliarli a rondelle grossolane e stufare in poca acqua, coperti. Mondare benissimo i carciofi, mantenendo solo il cuore. Eliminare la paglia. Stufare in un secondo tegame, sempre con poca acqua e sempre coperto.
Passare al frullatore a immersione carciofi e porri - aggiungere il purè alle patate schiacciate, condire con i 50 g di burro, aggiustare di sale e pepe e mescolare bene.
Farcire con questo composto i ravioli, come spiegato sopra.


Approfitto di questo estemporaneo post dicembrino per augurare a tutti gli amici, vicini e lontani, buone feste. E chiamatele come volete.
Un abbraccio a tutti.

(PoveraPazza)

26 novembre 2013

chutney di pomodori verdi, a casa mia


Dopo lunga assenza me ne torno, e per di più con un titolo così prevedibile da essere quasi originale. I pomodori verdi evocano in modo pavloviano Fried green tomatoes. Che poi nella mia imperfetta memoria si sommi anche a Calling You che invece attiene ad un altro film e ad un altro caffè, poco importa.
Ma veniamo a noi. I pomodori verdi in questione sono frutto del guerrilla gardening operato nella negletta aiuola nel cortile dell'ufficio. Io ho okkupato e dato l'idea, Annalasarta ha zappato e piantato, tutti abbiamo insalatato con gran gusto. La scorsa settimana, prima che il freddo rovinasse del tutto le piante, abbiamo raccolto ciò che rimaneva. E io ci ho fatto il chutney, che ho distribuito - nella più perfetta tradizione socialista - a tutti i membri (anche ai fannulloni) dell'equipaggio.
Buono è buono, ve lo racconto e lo raccomando pure.

Le dosi possono essere moltiplicate o divise a partire dal peso dei pomodori che si hanno a disposizione.

1,2kg pomodori verdi
200 g cipolla
1 cucchiaio di sale fino
200 g uvetta
200 g mele non troppo dolci
200 g zucchero di canna
1/2 litro aceto di mele
1 peperoncino piccante fresco
5 cm radice di zenzero

Dopo averli lavati, affettare i pomodori e tritare la cipolla. Mescolare entrambe le verdure in una grossa ciotola con il sale. Coprire e lasciare al fresco per dodici ore.
Trascorso questo tempo, tritare grossolanamente l'uvetta e pelare e tagliare a dadini le mele. In una pentola capiente mescolare zucchero e aceto, portare a bollore su fiamma media e lasciar sobbollire fino a che lo zucchero non sia completamente sciolto. Aggiungere uvetta e mele e cuocere a fuoco basso per dieci minuti. Nel frattempo scolare i pomodori e le cipolle ma non sciacquare, aggiungerli alle mele insieme al peperoncino privato dei semi e tritato e allo zenzero sbucciato ed ugualmente tritato.
Cuocere a fuoco basso per circa un'ora, fino a quando la mistura non sia densa e polposa.
Invasare ancora caldo in vasetti sterilizzati (lavati in acqua calda - comprese le capsule di chiusura - e passati in forno a 140-150° per almeno dieci minuti).
Chiudere bene e capovolgere i vasetti.

L'ho provata stasera con un semplice merluzzo al vapore, ma va benissimo con riso bianco - ad esempio.
O può essere un regaluccio di Natale.

Le foto sono un gioco e le immagini dei vasetti son tristi, mica le volevate vedere, per caso?!
(PoveraPazza)

25 ottobre 2013

saór di zucca e gamberi, da Venezia

Le facce ve le abbiamo mostrate.
Di veneziano però vogliamo condividere anche un piccolo piatto, gustato all'Orto dei Mori. Oddio, questa è la nostra interpretazione senzasenza, ma non è venuta male.
Ah, se andate all'osteria assicuratevi di avere un pastrano di ricambio. D'estate si mangia fuori, nel bellissimo campo, ma ora ci si rincantuccia in uno spazio piccolino e fin troppo aromatico. Siete avvisati.

Saor di zucca e gamberi

24 ottobre 2013

facce da Biennale


 Ci siamo andati. Anche quest'anno.
Belle le storie del padiglione centrale, ai Giardini. Storie di irregolari e visionari. Jung.
Il resto, misto. Come sempre.
Ci chiedevamo però i biennalisti quando escono da lì dove si nascondono Per strada non se ne vedono. Forse avrannno luoghi di incontro segreto, forse vivono solo nelle gallerie e nei musei. Di certo non ne vedrete in gondoeta.
Andateci, c'è tempo fino a metà novembre.






















(PoveraPazza)

4 ottobre 2013

amaranto e fichi per ProgettoMondo MLAL

 Anche quest'anno non mangiamo da soli e aderiamo alla raccolta lanciata da Virginia per aiutare ancora una volta ProgettoMondo MLAL a finanziare progetti di cooperazione e sviluppo in America Latina ed Africa.

Lo scorso anno si parlava di pane, alimento così semplice ma tanto prezioso da non poter essere sprecato. Il tema attuale sono invece i cereali (veri e "pseudo").
Oh, io avrei potuto pensare ad una ricetta con uno qualsiasi dei protagonisti ma ho scelto l'amaranto, vedi un po'. Uno pseudo cereale dalle spettacolori infiorescenze e dallae proprietà miracolose (vabbè, quasi). Visto che i guai non vengono mai soli, ne avevo parlato anche qui.
Bando alle futilità e passiamo alla ricetta.
Di solito l'amaranto si lessa e poi lo si impiega come il couscous o il bulghur o la quinoa. Invece io l'ho cotto come fosse riso, insieme al condimento.

Amaranto e fichi, quasi un risotto

18 settembre 2013

coccole mattutine, ricordando Lena

Alle attenzioni ci si abitua subito, si sa. A star bene ancora prima. Se poi attenzioni e star bene vogliono dire anche vacanza il processo è completo. Questa appena passata e mai abbastanza rimpianta, è stata una bella estate. Ce la siamo goduta (e meritata). Ed ora che è passata ci tocca rimediare, ricordando le cose belle che ci ha lasciato.
Il delizioso cake che allieta le mie colazioni da quando son tornata, ad esempio, è un regalo di Lena, Eleni in realtà, la nostra meravigliosa padrona di casa a Skopelos. Una persona così gentile ed accogliente da far quasi dimenticare la sua casa e la "sua" isola, entrambe magnifiche.
Lena ci ha fatto trovare un sacco di leccornie preparate da lei: la torta per la colazione, ma anche la marmellata preparata da lei con le piccole prugne tipiche dell'isola, le olive, la torta al formaggio a forma di spirale, con al fillo fatta da lei e appena uscita dal forno. Un sogno, insomma. Un sogno.
Mi ha dato la ricetta, che io ho un po' interpretato e che, dopo alcune prove, si avvicina all'originale. Si avvicina, perchè la sua era proprio meglio.
Che nostalgia, mondiè.

Ci provo, a darvi le mie dosi. Fatela, è molto semplice ma dura una settimana e non perde la fragranza e la morbidezza. Sempre che duri una settimana!

Cake morbido  (per uno stampo da cake di 20cm)

4 uova, separate
3 tazze da tè (non il cup - misura di capacità inglese - proprio le tazze da tè) di farina 00
1 tazza da tè di zucchero
1 tazza da tè di burro a cubetti
mezza bustina di lievito per dolci
un pizzicone di sale
estratto naturale di vaniglia
1 tazza da tè di latte
1 tazza da tè di succo d'arancia
la scorza di un'arancia non trattata, grattugiata

Preriscaldare il forno a 180°.
In una ciotola capiente sbattere con una frusta tuorli e zucchero, fino ad ottenere una crema chiara e spumosa. Sciogliere il burro ed unire al composto. Aggiungere, mescolando, farina e lievito setacciati insieme e scorza d'arancia. Bagnare con il latte, sempre mescolando. Aggiungere succo d'arancia, estratto di vaniglia e sale. Mescolare bene. In una seconda ciotola montare a neve gli albumi ed unirli al resto della crema delicatamente, mescolando dal basso verso l'alto per non smontarli.
Imburrare lo stampo, versare la crema e livellare. Cuocere in forno già caldo per circa 40 minuti.  Il cake rimarrà molto morbido e piacevolmente umido.
Si potranno aggiungere, a piacere, uvette o, eliminando la scorza d'arancia, dei pezzetti di cioccolata. O ciò che volete voi, mantenendo la crema di base.

Se devo tornare alla mia vita normale, preferisco farlo con dolcezza. Grazie a Lena le mie mattine sono più piacevoli.
Grazie!
(PoveraPazza)

3 settembre 2013

à la grecque


 
Finite son finite queste vacanze. E ci volevano, e ce le siamo godute, e non abbiamo mosso un muscolo (se si escludono passeggiatine anda e rianda a spiaggia e pagine di libri voltate). Siamo stati in Grecia, nelle Sporadi, a Skopelos. Bella oltre ogni aspettativa. Un'isola che è un grande bosco di pini di Aleppo, che arrivano fin sul mare. E basta. 
Tornando, appena un ε - preso piccolo a piacere - più creativi - ci siamo inventati questa frolla salata un po' greca. O forse solo estiva e mediterranea.
Qualche scatto e una piccola ricetta per dire: bentrovati, buona ripresa. 

Dimenticavo una cosa importantissima: i pomodorini usati sono il frutto dell'azione di guerrilla gardening nella negletta aiuola di fronte all'ufficio. Piante che sono uno spettacolo. Molto molto orgogliosi del risultato, il prossimo anno tentiamo anche le zucchine. Ecco.

 
Per una teglia da forno di dimensioni standard (basterà per 6 persone):

300g di buona farina 00
1 cucchiaino di sale fino
due tuorli
100g olio extravergine di oliva
due cucchiai di acqua
la buccia grattugiata di mezzo limone bio
200g di feta
400-500 g di pomodorini maturi
150g di patè di olive nere


7 agosto 2013

Salicornia o asparago di mare? Succulenta di nome e di fatto

La salicornia è una succulenta. Una di quelle piante con le foglie cicciotte e ricche d'acqua. L'aloe è una succulenta, come il finocchio marino, il fico degli ottentotti, l'agave.
Sono carine, le succulente. Molte fanno pure bene.
La slicornia, poi, è buona.
Questa insalatuccia, ad esempio, si avvia a diventare il cavallo di battaglia della collezione primavera-estate 2013. Se volete provarla vi dovete sbrigare. La stagione della salicornia è breve.

Insalata aromatica di salicornia

3 patate medie
200g di salicornia
200g di gamberi, sgusciati
5-6 pomodorini
1 limone non trattato
5 cm di radice di zenzero
olio extravergine
 sale di Maldon

Lessare le patate con la buccia in acqua leggermente salata. Lasciarle al dente.
Raffreddarle subito in acqua fredda e tagliarle a dadi.
Grattugiare finemente lo zenzero, grattugiare la buccia del limone e poi spremerne il succo.
Sbollentare la salicornia in acqua non salata per tre minuti se molto tenera oppure per una decina di minuti se più coriacea. Raffreddare subito in acqua corrente e passare velocemente in acqua ben fredda. Se è sufficientemente tenera basta dividere i vari rametti, se invece è più coriacea sfilare la parte verde dall'anima fibrosa come se si sfilasse una calza. Scolare e unire alle patate a dadini. Tagliare a pezzetti i pomodorini.
Sgusciare i gamberi, eliminare il budellino e tagliarli a metà o in tre pezzi. Saltarli con una lacrima d'olio. Unirli alle verdure.
Preparare il condimento con succo di limone, olio extravergine, zenzero e buccia di limone, sale di Maldon. Condire e servire tiepido o freddo.
Ecco, poi mi direte se vi è piaciuta, che qui strappa sempre un sorriso di approvazione.
(PoveraPazza)

4 luglio 2013

a grande richiesta: tortine olio d'oliva e farro


Non avevo intenzione di pubblicare la ricetta di queste - ennesime - tortine da colazione (unico alimento che cuocio da un po' di tempo a questa parte).
Però me l'hanno chiesta e io, ligiamente, la scrivo.
Celebriamo anche l'ultima foto brutta del blog. O meglio, l'ultima foto fatta con la mia fedele vecchia macchinetta bridge che mi è stata fedele per lunghi anni. Da domani - forse - si cambia. Il regaletto reflex digitale è giunto or ora. Prevedo di romperla ancor prima di metterla in funzione. Sono così maldestra con le cose che sembrano delicate.

Intanto:

 Tortine olio d'oliva e farro

27 giugno 2013

il piano "tovaglia inamidata" e la cena come in Cina

 

 Qualche tempo fa ho letto un articolo che raccontava dello sforzo che il governo cinese stava tentando per rilanciare l'immagine della cucina nazionale, sia in patria che - soprattutto all'estero: il piano Tovaglia Inamidata. Come tutti sanno la Cina ha tradizioni millenarie anche in ambito gastronomico, soffocate dallo strapotere del cibo liofilizzato precotto surgelato prodotto quasi tutto nella regione dello Zheijang, regione che confina con la municipalità di Shangai, sulla costa orientale ed esportato in tutto in mondo.

Il primo ministro Li Keqiang ha dichiarato guerra alla trattoria a poco prezzo, uguale in tutto il mondo, per tentare un rilancio della raffinatissima cucina imperiale. Vero è che ormai da tempo anche il mercato interno ha subito un cambiamento epocale: un benessere generalizzato crea il bisogno di luoghi di svago diversi da quelli popolari che siamo abituati ad immaginare. Da qui il sogno di ristrutturare i vecchi ristoranti come vuole la nuova moda, dotandoli soprattutto di cuochi capaci di finire sulla mitica Guida Michelin.

Ho la prova provata che mangiare bene (molto bene) cinese si può.
Per esempio un'insalata di anatra aromatica servita in foglia di lattuga, una particolarissima zuppa di cetrioli di mare o ancora un'insalata di vezzosi funghi ricciuti e molto eleganti con semi di sesamo, insieme ai più classici shao mai di verdure.

Lo Shui Zu di manzo non l'ho assaggiato per la ben nota scarsa propensione al consumo di carni rosse, ma ho invece fatto man bassa del MERAVIGLIOSO mapo tofu: dadini di tofu piccantissimi e morbidissimi. Mi hanno spiegato che la morbidezza deriva soprattutto dalla cottura ad altissima temperatura: il mio tofu tristarello (pur biologico) non pare neppure lo stesso alimento.
Una cena come in Cina che ha aperto uno spiraglio su un mondo ancora tutto da esplorare e che ci ha lasciato una curiosità : ma quali sono i dolci tradizionali? Certamente non l'ubiquo gelato fritto.


Bon Wei, Milano.

7 giugno 2013

senzasenza ma con sorpresa

Volevo rassicurare le schiere di lettori del blogghettino. Vi sentite orfani delle succulente ricette che sono solita pubblicare, infarcite di arguti commenti e di leggiadre condivisioni dei miei pensieri più intimi?
Ebbene, cari lettori, non siate tristi. Non cucino. Non ne ho il tempo nè, a dire il vero, l'inclinazione negli ultimi tempi. Mi pare che mi abbiano rubato le notti e le giornate già non erano mie da tempo.
L'unica promessa fatta a me stessa che sto, con fatica, mantenendo è: trattarsi bene appena svegli.
Allora un piccola routine dei cinque tibetani e un dolcino non industriale per colazione. Poco dolcino, ma non sottilizziamo.

Tortine al sambuco e semi di papavero

30 maggio 2013

sambuco, malgrè tout



Le piante sono pertinaci; passano attraverso tempeste, siccità, cavallette e cercano di sopravvivere. Certo, loro hanno le radici e noi, poveri umani, siamo preda dei marosi e facciamo un sacco di storie per un grado in più o un governo in meno.
Dovremmo imparare dalle piante che, poco o tanto, fioriscono sempre.

Questo beverino qui avevo in animo di produrlo già dalla scorsa estate. A Rovereto ce lo servirono a colazione e da allora è stata spasmodica attesa della fioritura del sambuco.

Ecco il mio primo

23 maggio 2013

cialde -un altro modo di preparare la bieta

 


 Riflessione sul blogghettino: ormai ha preso una deriva quasi esclusivamente vegetariana.
Sarà che qui non si cucina niente di "finto" o dedicato alla pubblicazione. Qui si cucina per sè e ciò che si cucina si pubblica. Capita raramente che si cucini qualcosa di animale e in genere avviene quando ci sono ospiti di riguardo. Gli ospiti amici, quelli di casa, son trattati come pezze da piedi e nutriti a biada e fieno. Sempre che ci siano, gli ospiti. Che se uno lavora fino alle ore canoniche poi ospiti non ne può avere.
Cambierà. Per ora vi toccano le

Cialde di bieta da costa

600g bieta da costa
1 uovo
2 fette di pane casereccio (il mio autoprodotto e a lievitazione naturale)
50 g formaggio a pasta dura, il mio di capra
un cucchiano di spezie a scelta (le mie NoMU , African Rub)
due bicchieri di latte
sale
olio d'oliva

Portare il forno a 180°.
Ammollare il pane nel latte tiepido.
Mondare la bieta, separando le coste dalle foglie. Lavare bene, benissimo anzi.
Cuocere separatamente coste e foglie, senza aggiungere altra acqua oltre quella rimasta dal lavaggio.
Scolare entrambi e far raffreddare quel tanto che permetta di strizzare la verdura con le mani. Strizzare bene, elimanando la maggiore quantità di acqua possibile.
Strizzare anche il pane. Trasferire il pane in un mixer e tritare grossolanamente.
Tritare a coltello la verdura. In una grossa ciotola mescolare verdura, pane, uovo battuto, formaggio grattugiato, spezie e poco sale.
Rivestire il fondo di una teglia di carta da forno, ungere con una lacrima d'olio.
Trasferire il composto in strato sottile. Cuocere in forno caldo per una trentina di minuti.
Lasciare raffreddare e tagliare a fette regolari.
Le cialde sono una schiscetta perfetta, con o senza insalata di contorno.

(PoveraPazza)




21 maggio 2013

la crema con l'avocado intorno

 

No, non è il guacamole. D'altra parte il guacamole è roba estiva, almeno nel mio immaginario, e qui di estate non c'è manco il minimo presagio.
Sono con la magliettina di mohair, il calzino e il termosifone acceso. Vorrei fortemente un cielo azzurro e una manica corta. Ma niente.
Fortuna che mi son fatta questo spread che è buono, ma davvero. Non voglio essere esterofila ma uno spread è uno spread. Oddio, ora mi è sovvenuto che spread ormai in Italia non vuol più dire roba morbida che si spalma su pane buono  ma differenziale tra due titoli della stessa natura di cui uno sfigato e italiano e uno forte e tedesco.

Dicevo: crema spalmabile non ha la stessa pregnanza di spread. E dunque questo è uno:

Spread con avocado e ceci

2 avocado maturi, a cubetti
il succo di un limone
un barattolo di ceci (di buona qualità) già cotti
un cucchiaino di senape
sale
Piment d'Espelette
coriandolo fresco tritato o meglio tagliato con le forbici
volendo, un pezzettino di cipolla rossa tritata

In dieci minuti si ottiene una crema deliziosa da spalmare sul pane o sulle fette d'orzo finniche. 
Schiacciare con la forchetta l'avocado bagnato con il succo di limone (così non annerisce), unire i ceci passati al minipimer e tutti gli altri ingredienti. Finire con il coriandolo tritato.

Se avanza conservare in un barattolo ben chiuso in frigo.

Naturalmente se avete ceci secchi e cotti da voi, meglio!

(PoveraPazza)


16 maggio 2013

asparagi arrostiti e altre cose

 
Due righe, e di corsa, per mettere il mondo a parte di una mia recente scoperta: l'asparago si può arrostire. Che si potesse bollire, cuocere a vapore e persino grigliare mi era noto. 
Ma passato al forno, crudo, no, non immaginavo si potesse.
Invece sì. E sa più di asparago, vi avviso.
Così, in una serata piovosa e tra uno sternuto e l'altro, ho preparato una cena vegetariana (che novità) replicabile con molteplici variazioni possibili.

Per due persone:
un mazzetto di asparagi da 500g
3 patate novelle medie
fleur de sel
poco olio d'oliva
il succo di mezza arancia
un cucchiaio abbondante di senape

Lavare le patate senza sbucciarle (le mie novelle e bio, come gli asparagi) e tagliarle a pezzettoni. Condirle con poco olio e pochissimo sale. Disporle in una teglia foderata di carta da forno e cuocerle a 180° per 15 minuti.
Nel frattempo mondare gli asparagi, tagliando il gambo nel punto in cui si spaccherebbe naturalmente. Se non sono legnosi non occorre neppure sbucciarli con il pelapatate. Io li ho lasciati integri.
Condire gli asparagi con poco olio e sale e poggiarli sulle patate. Avevo del tofu di ottima qualità ed ho aggiunto pure quello, a cubetti.
Passare in forno per 15 minuti o fino a che gli asparagi non siano teneri ma non raggrinziti.

Condire con una salsina ottenuta emulsionando la senape (nel mio caso preparata maison) con il succo d'arancia.
Volendo si può servire tiepida o fredda, come insalata. Stasera il piatto fumante ci stava tutto.

(PoveraPazza)


8 maggio 2013

di frico, Udine e amici

 Ecco, il Friuli mi mancava da un po'.
Un posto che è stato casa per molti anni e che da molti anni non si pratica meriterebbe più di un fine settimana. L'importante è ri-cominciare.
Luogo ignoto ai più, esotico e di frontiera come e più della vicina Slovenia, il Friuli è un bel posto. Ci si vive bene, ci si invecchia ancora meglio.
La piciule patrie.
Andateci, ci sono belle cittadine, c'è la montagna, il mare e una magnifica collina.
E poi, certo, il frico.

Piatto povero, come moltissimi della cucina tradizionale, il frico è formaggio avanzato cotto in padella. Con o senza patate, con o senza cipolle.
Gli avanzi di Montasio e Latteria (strissulis) sono fatti fondere in una padella di ghisa o antiaderente a fondo spesso, con l'aggiunta di patate bollite e schiacciate o così, nature.
A metà cottura si elimina un pò del grasso rilasciato dal formaggio e si gira la "frittata" procedendo a dorare anche l'altro lato.
Si serve (caldo - altrimenti è mortale) con fettine di polenta grigliata e Refosco. Tanto Refosco.

Udine, loggia del Lionello
Udine, osterie





Udine, amici



Udine, il castello
 (PoveraPazza)