"Ma, quando niente sussiste d'un passato antico, dopo la morte degli esseri, dopo la distruzione delle cose, più tenui ma più vividi, più immateriali, più persistenti, più fedeli, l'odore e il sapore, lungo tempo ancora perdurano, come anime, a ricordare, ad attendere, a sperare, sopra la rovina di tutto il resto, portando sulla loro stilla quasi impalpabile, senza vacillare, l'immenso edificio del ricordo."
(M. Proust)

26 ottobre 2011

easy like Sunday morning: mela padelladolce

Mica mi son mai piaciuti tanto i pancakes. Quelli che si pigliano fuori, dico. Hanno tutti quella consistenza morbidina che li accosta alle spugnette gialle per lavare i piatti.
Me li son voluti cucinare domenica, per una inconsueta colazione solitaria.
Per curiosità, per mancanza di coerenza e sulla scia di quella frenesia melifera che mi ha fatto infilar mele ovunque, in queste ultime settimane.
Perchè son pancakes sì, ma alle mele.
Son dolci da padella facili, i pancakes. O saranno femminili?
Per il genere delle parole straniere io mi regolo così: se so la traduzione italiana uso lo stesso genere che avrebbe qui. Se non la so ma conosco il genere nella lingua d'origine uso quello. In caso di ignoranza assoluta, invento.

Breve pancake-ricetta.

23 ottobre 2011

apple butter per confortare

Oggi son capitata a Novara, verso l'ora di pranzo. Una domenica autunnale ma non grigia ha reso sopportabile un'esperienza che sarebbe fatale ai più.
Il pericolo si annidava dietro l'angolo,
Girovagando per le vie del centro ci siamo imbattuti nella festa celtica. Dame intunicate con coroncine di fiori finti e nerboruti signori vestiti come Obelix erano lietamente mescolati a casalinghe in libera uscita e ragazzi alla ricerca dell'ultimo libro di Fabio Volo. Armature da salotto, alabarde non spaziali, tascapane in cuoio incongruamente accostati a incensi e carabattole new age mi hanno prostrata.

Son corsa a casa inorridita, ho cercato di rendere carino un vasetto (impresa titanica per le mie abilità tecnico-fotografiche), ho ascoltato Brad Mehldau e letto Cunningham.
Niente, l'allergia ai celti non se ne va.
Forse se divido con voi la ricetta dell'apple butter (anche Lydia ha una sua versione, un pò uguale e un pò no, qui)  mi sentirò meglio. Almeno li dimenticherò.
Fino alla prossima festa.




17 ottobre 2011

gente da Biennale

Ottobre 2011 - poco interessante l'Arte, cerco belle facce.
Lei mi ha fatta ridere.






















16 ottobre 2011

Pane, il mio

 
Il pane è croce e delizia. Delizia perchè è impossibile resistere a un buon pane, croce per la stessa ragione. Ciò che per noi popoli ipernutriti è un piacere e un vizio, per la maggioranza degli abitanti del pianeta è preoccupazione. Senza pane non si vive. 
Per questo e perchè lo adoro e non potrei farne a meno, ho deciso di aderire alla Giornata del Pane, vincendo la mia proverbiale disorganizzazione e refrattarietà a regole, raccolte, deadlines.
Mi sono cimentata con la biga:. questo perchè non sia mai che rifaccia una ricetta che già so. Ma questa è un'altra storia.
Leggo meraviglie sul metodo indiretto, su fragranza, digeribilità, profumo del pane prodotto con questo metodo. Ci devo provare, per forza.
Ci si deve pensare almeno un giorno prima, e anche questo, per me, è un ostacolo quasi insormontabile. Com'è, come non è, ci riesco: preparo ligiamente la biga, la lascio 20 ore per i fatti suoi, la reimpasto, rilascio lievitare, inforno.
Questo è il risultato. Non male, il pane buono del panettiere è meglio, ma vuoi mettere la soddisfazione di averlo visto nascere?
Ho usato la meravigliosa farina del Mulino Marino, la 7 Effe, questa volta. Fa la differenza anche per una panificatrice alle prime armi come me. Anzi, soprattutto per una panificatrice alle prime armi.

Per la biga:
375 gr di farina forte (la mia non so se era forte, però buona sì) - io la 7 effe, Mulino Marino
170 ml di acqua tiepida
20 gr di lievito di birra secco (io pasta acida di frumento essiccata)

Per il pane:
25 gr di farina (o un poco di più se l'impasto sarà troppo colloso)
2 cucchiai di farina di mais
2 cucchiaini di zucchero (o malto)
110 ml di acqua tiepida
 8 gr di sale

olio d'oliva per spennellare

Preparare la biga: nell'impastatrice, con il gancio montato, impastare tutti gli ingredienti per la biga a velocità bassa, per circa 7 minuti. Ne dovrebbe risultare un impasto abbastanza secco, senza grumi. 
Lasciare riposare, coperto con pellicola, in una ciotola grande abbastanza da contenerlo agevolmente, per 15-20 ore.

Il giorno successivo, la biga dovrebbe aver raddoppiato il suo volume. Tenerla in mano e tagliarla a pezzetti con una forbice, rimettendo i pezzetti nella ciotola dell'impastatrice.
Aggiungere il resto della farina, la farina di mais, lo zucchero e l'acqua. Avviare la macchina e impastare per 5 minuti a velocità bassa, aumentare fino a velocità moderata ed impastare per altri 5 minuti. A questo punto l'impasto dovrebbe essere colloso e umido. Aggiungere il sale e continuare ad impastare ancora per 5 minuti. Io ho dovuto aggiungere un pò di farina, evidentemente la 7 effe assorbe meno acqua di una normale farina forte. A questo punto l'impasto sarà morbido ma coeso e manovrabile.
Ungere le mani con un poco d'olio e, mentre è ancora nella ciotola, tirare l'impasto da un lato e poi ripiegarlo verso l'interno. Continuare anche per gli altri lati, tirando e ripiegando.
Rovesciare la ciotola sopra un'altra, grande, in modo che l'impasto sia sottosopra. Coprire con pellicola e lasciar lievitare per 30 minuti, trascorsi i quali si ripeterà il processo tira e piega. Lasciar riposare altri 10 minuti, sempre coperto.
A questo punto formare una palla, irregolare, con l'impasto.
Infarinare abbondantemente un tovagliolo pulito, posarci l'impasto e coprirlo con gli angoli del tovagliolo. Rimettere tovagliolo e impasto in una ciotola e lasciar lievitare per altri 30 minuti.

Posare sul fondo del forno un piccolo recipiente, di ghisa o terracotta colmo d'acqua e portare la temperatura a 230°.
Ricoprire con carta da forno una placca, cospargerla di poca farina di mais.
Cuocere il pane per circa 25 minuti o fino a quando non avrà un bel colore dorato e il fondo suonerà vuoto se percosso come tamburo.
Raffreddare capovolto su una gratella.

Ne è risultato un pane stortignaccolo ma molto gustoso e con un interessantisssimo retrogusto di frutta secca. Ma il merito non è mio, è la farina.
Mi è parso molto gustoso con un velo di miele, ma immagino che anche con un bel pecorino stagionato farebbe la sua figura.

 

Ringrazio Zorra per avermi ospitata nella sua bella iniziativa.
(Povera Pazza)

14 ottobre 2011

mango per niente

Sono ufficialmente raffreddata, con la mia bella febbre e tutto ciò che serve.
Mi sento come un cencio per pavimenti, chissà che questa chutney di mango mi spazzi via la malattia.
Me la son fatta bella piccante, giudicate voi se il sapore è armonioso. La chutney è una ottima salsa di accompagnamento - la sua morte un bel basmati, ma anche un formaggio abbastanza giovane ci guadagna.

Ieri sera la cucina era tutto un profumar di spezie, per quello che il mio daso dappado ha potuto sentire. Mi pareva di essere a Varkala, al mare, e non in una tiepida ma piemontese sera d'autunno.
Proprio a Varkala la mia casetta si chiamava Mango Villa, i due ragazzi belgi che la gestiscono sono deliziosi, e io ho nostalgia di loro, ecco.
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Per un vasetto di chutney:
1 mango (meglio se non troppo maturo - e il era maturissimo)
4 cucchiai di zucchero
4 cucchiai di aceto di mele
1 spicchio d'aglio tritato
1 pezzetto di zenzero fresco - tritato
1 scalogno tritato
1 cucchiaino di semi di senape
1 cucchiaino di coriandolo in polvere
1/2 cucchiaio di curcuma
2 cucchiaini di peperoncino secco
2 cucchiaini di semi di cumino
3 cucchiaini di uvetta
1 cucchiaio d'olio d'oliva
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Sbucciare il mango, tagliarlo a dadini non microscopici, cospargerlo di zucchero e lasciarlo macerare in frigo, coperto, per una mezza giornata.
Trascorso questo tempo, in una casseruola a fondo spesso, tostare tutte le spezie nell'olio. Quando sono fragranti aggiungere aglio, scalogno e zenzero e saltare. A questo punto unire anche il mango, con il suo liquiedo, l'aceto e l'uvetta.
Sobbollire a fuoco basso per 30-40  minuti o fino a quando quasi tutto il liquido sarà evaporato e si sarà formato un fondo denso e sciropposo.
Lasciar raffreddare e conservare in frigo, invasettato.

Questa è solo una delle molteplici varianti  possibili. Alla vostra fantasia inventarne altre.
Vado a curarmi, che domani mi traslo alla Biennale e devo essere in forma.
(PoveraPazza)

9 ottobre 2011

Italia perbene

 Ricucire l'Italia - Milano 8 ottobre, Arco della Pace - Giustizia e Libertà.
 La folla è ignorata dagli uomini  di governo, dai burocratici provinciali e cittadini. La folla, in quanto è composta di singoli, non in quanto è popolo, idolo delle democrazie. Amano l'idolo, fanno soffrire il singolo individuo. Sono crudeli  perchè la loro fantasia non immagina il dolore che la crudeltà finisce col suscitare. Non sanno rappresentarsi il dolore degli altri, perciò sono inutilmente crudeli.
 Quando discuti con un avversario, prova a metterti nei suoi panni. Lo comprenderai meglio e forse finirai con l'accorgerti che ha un pò, o molto, di ragione. Ho seguito per qualche tempo questo consiglio dei saggii. Ma i panni dei miei avversari erano così sudici che ho concluso: è meglio essere ingiusto qualche volta che provare di nuovo questo schifo che fa svenire.

illusionisti quei politicanti i quali, come cantava Figaro, fingono d'ignorare quel che sanno e di sapere quel che ignorano , si chiudono a doppie porte per meditare sul giornale, si atteggiano a profondi quando non sono che vuoti, pagano dei traditori o intercettano delle lettere, cercando poi di nascondere  le bassezze dei mezzi per la nobiltà dei fini.
(Ma se sul palcoscenico si affollano gli illusionisti, in platea gli illusi diminuiscono.)
 Odio gli indifferenti.
Chi vive veramente non può non essere cittadino, e parteggiare. Indifferenza è abulia, è parassitismo, è vigliaccheria, non è vita. Perciò odio gli indifferenti.
L'indifferenza è il peso morto della storia.
Vivo, sono partigiano. Perciò odio chi non parteggia, odio gli indifferenti.

(Antonio Gramsci)

5 ottobre 2011

indovina che c'è nella polpetta (con ricetta)

 
 Dopo una crema cochon ci vuole un pranzo leggero. E già questo è un indizio. 
Tanto vale dirlo subito: al vincitore non andrà alcun premio.  Solo la consapevolezza di essere il più sveglio di tutti1
Regole: non conta dire "semi di sesamo" perchè si vedono.
Alex non può partecipare, che lei sa di che si tratta.
Tutti gli altri sono invitati a dire la loro. Oddio, non che sia difficile.
E' una ricetta-schiscetta (il bentobox lo abbiamo inventato noi, ovvia) che ho sperimentato con gran soddisfazione seduta alla mia scrivania dopo la solita e devastante lezione di pilates (apro una parentesi: sarà normale che il pilates faccia sudare come un'ora di corsa? Forse se hai un istruttore sadico sì - mi rispondo da sola).
Dunque, fiato alle trombe, lettori cari (cinque o sei lettori cari): scatenate (ehmm) la vostra fantasia e domani avrete la risposta.

4 ottobre 2011

una crema très cochon: homemade lemon curd

Laura (ciao se mi leggi) anni fa divideva il gelato in gusti frutta e gusti cochon: le creme, il cioccolato, la panna. Dolci, con altissimo contenuto di grassi animali (saturi senza dubbio) ma buoni, ecchecavolo. Ci accontentavamo dei gusti frutta quando eravamo in fase punitiva (cioè quasi sempre), ma per premiarci i cochon non avevano rivali.
Ecco, i curd sono cochon per antonomasia e di conseguenza premianti come pochi altri cibi. Forse la mousse al cioccolato, per gli estimatori.
Con il previsto arrivo dell'autunno (prima o poi bisognerà smettere il sandalo coi buchetti) sarà necessario qualche rito consolatorio. Una colazione scones+lemon curd domenicale può aiutare. DEVE aiutare.
Ho preparato le pagnottine con la ricetta di Sigrid, quella pubblicata sul libro del cavolo e che si trova in innumerevoli post in rete. Non la replicherò, voglio essere buona: fate le brave cercatrici e mille ne avrete (come le fiabe sonore di quando ero bimba).
Il lemon curd, anch'esso una web star per tutte le stagioni, lo propongo. Ma giusto come bigino, che qualche ingrediente lo si deve pur scrivere in un post,che altrimenti non fa fine.