Per cominciare m'è venuta alla memoria (oramai fatto straordinario) una poesia di Montale.
"Ascoltami, i poeti laureati
si muovono soltanto fra le piante
dai nomi poco usati: bossi ligustri o acanti.
Io, per me, amo le strade che riescono agli erbosi
fossi dove in pozzanghere...."
Non essendo cuoco laureato anch'io vi invito ad avviarvi per fossi erbosi. E non solo per immagini.
I fossi erbosi sono infestati da alberi d'acacia (credo che si chiami robinia in verità) che fioriscono generosamente (copiosamente direbbe Amedeo Bolinari) tra aprile e maggio. Il fiore è un grappolo bianco,
dal profumo dolce, intenso ed insistente.
I grappoli bianchi sono lo scheletro della frittella. Per la loro raccolta dovreste andar per fossi.
Mi sentirei di scosigliarvi la vendemmia presso un'isola di sosta della tangenziale o nella prossimità di una delle tante e ricche discariche abusive campane (lo dico almeno per quelli di voi che non cercano le 'contaminazioni' gastronomiche a tutti i costi).
I grappoli non vanno lavati per mentenere integra la loro fragranza. La loro morte è per affogamento in una pastella dolce fatta con latte, uova, poco zucchero, un pizzico di sale e poca farina.
Per le dosi rimando alla categoria metafisca del 'vi regolate' già teorizzata da zia Mariuccia. L' impasto non vuol essere ne' troppo liquido ne' troppo denso. Sconsiglio l'aggiunta di aromi altri per non offuscare la fragranza del fiore.
Ciascun grappolo impastellato (per avere una frittella meno anoressica ci si può servire di un cucchiaio per raccogliere piu' pastella insieme al fiore) verrà fritto in olio di semi (arachide) avendo l'accortezza di far dorare la frittella senza carbonizzarla.
Le frittelle vanno passte sulla carta assorbente e incipriate di zucchero a velo.
E' un semplice dolce che può creare sorprendenti effetti 'addictive'. In un tempo di globalizzazione imperante, per poterlo preparare, dovrete aspettare l'unica settimana all'anno in cui le robinie fioriscono. La vecchia
cara amica Ema (condivisa con la Povera pazza) dopo averle assaggiate una prima volta maturò una morbosa dipendenza che la costrinse, in attesa della nuova fioritura, a sgranare il lento susseguirsi dei giorni come un interminabile rosario. (ViPeron)
"Ascoltami, i poeti laureati
si muovono soltanto fra le piante
dai nomi poco usati: bossi ligustri o acanti.
Io, per me, amo le strade che riescono agli erbosi
fossi dove in pozzanghere...."
Non essendo cuoco laureato anch'io vi invito ad avviarvi per fossi erbosi. E non solo per immagini.
I fossi erbosi sono infestati da alberi d'acacia (credo che si chiami robinia in verità) che fioriscono generosamente (copiosamente direbbe Amedeo Bolinari) tra aprile e maggio. Il fiore è un grappolo bianco,
dal profumo dolce, intenso ed insistente.
I grappoli bianchi sono lo scheletro della frittella. Per la loro raccolta dovreste andar per fossi.
Mi sentirei di scosigliarvi la vendemmia presso un'isola di sosta della tangenziale o nella prossimità di una delle tante e ricche discariche abusive campane (lo dico almeno per quelli di voi che non cercano le 'contaminazioni' gastronomiche a tutti i costi).
I grappoli non vanno lavati per mentenere integra la loro fragranza. La loro morte è per affogamento in una pastella dolce fatta con latte, uova, poco zucchero, un pizzico di sale e poca farina.
Per le dosi rimando alla categoria metafisca del 'vi regolate' già teorizzata da zia Mariuccia. L' impasto non vuol essere ne' troppo liquido ne' troppo denso. Sconsiglio l'aggiunta di aromi altri per non offuscare la fragranza del fiore.
Ciascun grappolo impastellato (per avere una frittella meno anoressica ci si può servire di un cucchiaio per raccogliere piu' pastella insieme al fiore) verrà fritto in olio di semi (arachide) avendo l'accortezza di far dorare la frittella senza carbonizzarla.
Le frittelle vanno passte sulla carta assorbente e incipriate di zucchero a velo.
E' un semplice dolce che può creare sorprendenti effetti 'addictive'. In un tempo di globalizzazione imperante, per poterlo preparare, dovrete aspettare l'unica settimana all'anno in cui le robinie fioriscono. La vecchia
cara amica Ema (condivisa con la Povera pazza) dopo averle assaggiate una prima volta maturò una morbosa dipendenza che la costrinse, in attesa della nuova fioritura, a sgranare il lento susseguirsi dei giorni come un interminabile rosario. (ViPeron)
4 commenti:
Che poesia!Che lirismo! Che humor! Che verve!
Parrebbe un post di Jeeves, se ai suoi tempi ci fosse stata l'insana passione per i computer invece che per le sale da tè.
Ora manca solo l'espressione del tuo talento da visual artist per completare l'opera.
Raccatta almeno una fotina di robinia su internét, dai!
baci
le acacie infestanti difficili da tagliare, con spine lunghe che ti penetrano la carne meriterebbero di finire tutte fritte non fosse per il miele che è un portento. mi piace lo stile e la prosa. complimenti e aspetto il prossimo. silvia
Grazie, appena l'infestante fiorisce (ci siamo quasi) inserisco le foto dell'angelico grappolo e della sua diabolica doratura. Voi non fatevi scappare l'attimo. (Viperon)
Le foto! Bravo.. Che invidia.. Peccato non esserci stata per "vendemmia" e cottura.
d-
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