"Ma, quando niente sussiste d'un passato antico, dopo la morte degli esseri, dopo la distruzione delle cose, più tenui ma più vividi, più immateriali, più persistenti, più fedeli, l'odore e il sapore, lungo tempo ancora perdurano, come anime, a ricordare, ad attendere, a sperare, sopra la rovina di tutto il resto, portando sulla loro stilla quasi impalpabile, senza vacillare, l'immenso edificio del ricordo."
(M. Proust)

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23 dicembre 2013

pierogi, finalmente e AUGURI!

 Sarà stato il nome. non so. Un che di infantile che riporta alla mente Paperoga e la sua ingenua goffaggine. Sia come sia, da quando ho letto chissà dove, chissà quando, dell'esistenza di questi semplicissimi ravioli polacchi, ho pensato di rifarli. Un esperimento, con gli amici di sempre che mangiano senza giudicare. Finalmente li ho provati. Necessitano, forse, di qualche aggiustamento qua e là, ma il risultato non è stato malvagio. Leggero, come si addice a giorni di magro prima delle feste, ed economici, come richiedono i tempi.

Ne ho fatti molti, le dosi sono da mensa scolastica, ma giuro, li ho distribuiti tutti.
In Polonia il ripieno tradizionale è di patate e formaggio cremoso, o di crauti. Io li ho solo un pochino italianizzati, ma un pochino proprio.

Pierogi di patate, porri e carciofi.

Con queste dosi a me son venuti 112 pierogi. Moltiplicate o dividete di conseguenze, tenendo conto che sono molto leggeri e se ne possono mangiare 8-10 a testa.

per la pasta:
1 uovo grande, leggermente battuto
2 cucchiai di panna acida (o yogurt greco)
1 tazza di latte 8io parzialmente scremato)
1 tazza d'acqua
5 tazze di farina 0
un pizzicone di sale
semola per la spianatoia e i vassoi

Nella ciotola dell'impastatrice mescolare l'uovo con lo yogurt, aggiungere latte, acqua e la farina - una tazza alla volta. Impastare fino a quando la massa non sia più appiccicosa. Trasferire sulla spianatoia infarinata e impastare ancora a mano per pochi minuti. Formare una palla, infarinare, e lasciar riposare almeno un'ora sotto una ciotola rovesciate.
Trascorso questo tempo riprendere l'impasto, dividerlo in quattro e cominciare a stendere la prima parte, lasciando le altre al coperto per evitare che si secchino.
E' un'operazione molto semplice. L'impasto è morbido e si stende, sul piano ben infarinato, in un amen.
Tirare la sfoglia a 3-4 mm di spessore e ritagliare dei tondi, con un coppapasta di 7-8cm di diametro.

Farcire ogni tondo, tenendolo in mano, con un cucchiaino abbondante di ripieno, chiuderlo a mezzaluna sigillando con i rebbi di una forchetta. Adagiare i ravioli pronti su vassoi infarinati e mantenere coperti con pellicola trasparente - ma non chiudere ermeticamente.
Cuocere in abbondante acqua salata, pochi per volta, fino a che non saliranno a galla, lasciandoli galleggiare per un paio di minuti prima di  scolare con il mestolo forato e condire con burro fuso, Parmigiano e pepe nero macinato al momento.

Per il ripieno vegetariano:

12 patate a pasta gialla, medie
4 porri di medie dimensioni
4 carciofi spinosi
sale - pepe
50 g di burro


burro a piacere, per condire

Pelare le patate, tagliarle a quarti, coprirle di abbondante acqua salata. Portare a bollore e lasciar cuocere per una decina di minuti almeno o fino a quando non siano tenere. Scolare e lasciare intiepidire. Passare alllo schiacciapatate e raccogliere i vermini in una ciotola capiente.
Mentre le patate cuociono mondare bene i porri, tagliarli a rondelle grossolane e stufare in poca acqua, coperti. Mondare benissimo i carciofi, mantenendo solo il cuore. Eliminare la paglia. Stufare in un secondo tegame, sempre con poca acqua e sempre coperto.
Passare al frullatore a immersione carciofi e porri - aggiungere il purè alle patate schiacciate, condire con i 50 g di burro, aggiustare di sale e pepe e mescolare bene.
Farcire con questo composto i ravioli, come spiegato sopra.


Approfitto di questo estemporaneo post dicembrino per augurare a tutti gli amici, vicini e lontani, buone feste. E chiamatele come volete.
Un abbraccio a tutti.

(PoveraPazza)

1 aprile 2013

malfatti, o gnudi, agli spinaci



E insomma. Sapete della mia refrattarietà alle feste comandate.  Ora che ci penso è più un negarsi la festa tout court, con animo calvinista e votato alla sofferenza.
Non festeggio compleanni onomastici anniversari ma posso sempre cambiare, chissà.

Dicevo, niente feste niente pranzo di Pasqua, solo un rimescolamento degli ingredienti pasquali per eccellenza: ricotta, uova, erbette (o spinaci). E poi una passeggiata nell'unico giorno di sole da settimane, e poi un film ahimè davvero brutto.


12 aprile 2012

risotto alla doppia carota, limone e altre cose

 
 Questionario:
1- vi piace il risotto?
2- vi piacciono le carote cotte?
3- vi piacciono le spezie e soprattutto il cumino?
4- vi urterebbe i nervi dover lavare almeno tre pignatte per un singolo piatto?

Se avete risposto ad almeno tre domande e no alla quarta,  potete continuare a leggere.

18 marzo 2012

esperimenti di primavera - pasta al cardamomo nero


 
Piccoli pastai sperimentatori crescono.
Per la prima cena del giovedì dell'anno (ce la siamo presa comoda..) spostata al venerdì ho tentato un esperimento che mi è parso riuscito. Le gallinelle hanno gradito ed io sono contenta.
Amen.
Non ho voglia di girarci intorno, oggi piove molto e ho pure mal di testa.
Ricetta senza voli pindarici e via.

Si tratta di pasta fresca al cardamomo nero. Come si sa il cardamomo nero non ha nulla a che vedere con il suo cugino verde. Le capsule hanno un forte sentore di affumicato ed i semi sono invece balsamici.

Per 6 persone:

6 marzo 2012

la pâte en rose


Rosa come una caramella di zucchero, come un bocciolo, come gli occhiali di Lolita.

 Lolita, light of my life, fire of my loins. My sin, my soul. Lo-lee-ta: the tip of the tongue taking a trip of three steps down the palate to tap, at three, on the teeth. Lo. Lee. Ta 

(Perdonate la citazione, ma non resisto. L'incipit di Nabokov resta una delle mie frasi letterarie favorite, letta con voce profonda, bassa, roca ma gentile)

Rosa come la primavera che arriverà, rosa come il buon umore, come le zampine di un gatto (che i miei mica le hanno rosa, le zampe), come un gomitolo di lana. E dire che io il rosa lo odio e non lo porterei mai. Come si cambia, signori miei, come si cambia.

Tutta questa manfrina per introdurre solo pasta, allegra pasta alla barbabietola (che se apri la confezione di barbabietole precotte, poi la devi usare tutta).

9 gennaio 2012

pallette con passata (la festa)

 
L'allergica alle feste è tornata. Natale: passato. Capodanno: passato. Epifania: passata.
Torniamo alla vita normale, che già così ne abbiamo da vendere.
Vi sono mancata?
Non posso neppure dire che ho lavorato per voi perchè non ho fatto nulla, praticamente.
Il giorno di Natale ero invitata ed ho prodotto solo un parfait al miele per venti persone. Modestia a parte mi è venuto benissimo. Ma dovete fare un atto di fede, foto non se ne sono scattate.
A San Silvestro era in atto il ricongiungimento bloggesco con ViPe e Amedeo Bolinari, quindi il ViPe si è prodotto in una infinita sequenza di piatti di pesce.
Da casa però mi ero portata il desiderio di provare questa ricetta di Tonino Cannavacciuolo e mi hanno permesso di produrmicisi. Non so se son stata brava io o se lui (Tonino) l'ha pensata bene, fatto si è che sono strepitosi questi gnocchetti a pallina.
Se vi piace il baccalà, si capisce.

 

13 giugno 2011

gemellaggio a distanza con gente del fud - carbonara di mare


Fine settimana di incontri divertenti, grandine battente, un pò di sole, referendum e .. pesce.
Si sa che io son nata con un piede in una risaia e che la pasta poco la pratico. Ma quando ce vò ce vò.
Al mercato del nord, per un bel pò di soldi, un pesciolino Al mi comprò.
Un pesciolino, un gamberino e uno scampino. Tutta roba che in una pasta ci stava a meraviglia.
E la pasta trovata in dispensa era, ma tu pensa, la calamarata della gente del fud.
Un gemellaggio con quelli che gozzovigliavano a Sorrento (Sorrento, signora mia!) si imponeva.
Procediamo con ordine. La carbonara è trompe l'oeil. Senza uova, senza pancetta, senza formaggio. Ma con fumetto e pesce e capesante. E un'idea di coriandolo. O di aneto, se vi piace.
Cosa serve, per due :

18 aprile 2011

green power - ecorisotto

 Del rapanello, come del porco e del cavolo, non si butta niente (sarà per questo che porci e cavoli stanno molto spesso insieme? mah). Sono entrata nel tunnel del consumo globale degli ortaggi, complice quella bellezza di libro che è La cucina a impatto (quasi zero).
Ora, le manie di certo non ce le siamo mai fatte mancare. Fatto sta che il frigo di casa ormai è pieno di parti verdi, baccelli, foglie esterne. Tutto in attesa di essere nobilitato da Lisa o, più probabilmente, di finire nell'umido per scadenza dei termini di prescrizione.
Vivrò nella pia illusione di diventare un bravo donnino che non spreca neppure una foglia.
Intanto, però, ho fatto davvero questo risotto, buono, e NON HO BUTTATO NULLA del mazzetto di ravanelli che ho comprato ieri. Giusto l'elastico che li teneva insieme, ma nella differenziata.
--
Per due persone:
180 gr di riso vialone nano
5 cm di parte bianca di un porro
50 gr di prosciutto cotto magro, a cubetti
1 mazzetto di ravanelli con le foglie
sale , pepe, olio
un cucchiaio di parmigiano grattugiato per mantecare
--
Procedere nel modo consueto:
in un filo d'olio saltare leggermente il porro. Dopo qualche istante aggiungere il prosciutto e le foglie di ravanello, accuratamente lavate e tagliate a striscioline. Unire poi il riso. Lasciare tostare per due minuti. Salare.
Coprire a filo con acqua bollente non salate e portare a cottura (15 minuti circa) aggiungendo altro liquido quando necessario.
Lasciare il riso molto umido. Spegnere il fuoco e unire quattro ravanelli tagliati a fettine, il cucchiaio di grana e pepe macinato al momento, se piace.

 
(PoveraPazza)

15 aprile 2011

chi sa, fa. Gli altri mangiano

 Cambio della guardia, inevitabile, al timone delle cene del giovedì.
Il ragazzo, sfuocato, della foto sotto, ci nutre lo spirito e poi, ma solo dopo, il corpo.
Ieri sera si è prodotto in un virtuosistico primo, di cui non so assolutamente la ricetta e che non avrei mai la pretesa nè la pazienza di rifare.
Caramelle di patate, ripiene, su salsa alle erbette e spuma di parmigiano.
L'invidia vi attanaglia? Ne avete ben donde. Abbiamo visto le nuove generazioni dar di sifone, mentre noi, più modestamente, ci producevamo in una tartara di asparago con gambero allo zafferano.
A ognuno il suo: ai giovani la creatività, agli anziani l'illusione della freschezza.
Pietro, grazie!

Pietro il sifonatore

6 aprile 2011

bulgur de noantri (o quasi)

E insomma, è primavera. Ho tolto le calze. Ho comprato le ballerine di camoscio. Mi devo depurare.
Son tutte cose che in primavera accadono, vero? Da me scoppia la mania (se mai ci fosse bisogno che scoppino altre manie) del cibo sano e mediterraneo, nella sua accezione più ampia.
Corsia preferenziale per verdure e cereali e frutta e fiori. Niente di nuovo, dite? Vabbè.
Questo piatto ha ricevuto il plauso di ViPe, che cito integralmente: E' una meraviglia, lo usano i battenti nelle cerimonie del venerdi' santo insieme alle spugne coi chiodi imbevute nell'aceto.
Se vorrete provarlo, con o senza chiodi, fatemelo sapere!
Per due (occhio che il bulgur cresce da pazzi):

100 gr di bulgur
un mazzetto di bieta da costa, sminuzzata (gambi e foglie separati)
una cipolla dorata, tritata
un cucchiaio abbondante di sumac
30 gr di pecorino col pepe
olio d'oliva, sale
--
L'idea è di risottare anche il bulgur (come quinoa e amaranto, qui si risotta tutto ormai).
Fare un soffritto leggero con la cipolla e i gambi della bieta, aggiungere il sumac e insaporire per un minuto.
Unire anche le foglie sminuzzate e quindi il bulgur. Salare.
Coprire, a filo, con acqua bollente non salata. Cuocere per dieci minuti, rabboncando l'acqua se necessario.
Unire il pecorino a scagliette, mescolare e lasciar riposare cinque minuti.
E bon, finito.
Sarà anche il mio pranzo, il bulgur cresce, come si è detto!!
(PoveraPazza)


23 febbraio 2011

alfabeto alimentare - A come amaranto

Inauguriamo oggi una nuova rubrica: l'Alfabeto Alimentare. un cibo per ogni lettera, con un post dedicato e fotina di contorno.
Non siamo alla ricerca di cibi per forza esotici o strani, macchè.
Che la A si leghi all'amaranto è una pura e semplice casualità.
Non un cereale, dunque privo di glutine, l'amaranto è originario del centro e sud America. Considerato un cibo sacro, era parte integrante dell'alimentazione di Inca e Aztechi.
Contiene fino al 16% di lisina, amminoacido che deve essere assunto attraverso l'alimentazione perchè il corpo umano non è in grado di sintetizzarlo. Serve ai muscoli, care mie. D'ora in avanti cucinerò solo papponi di amaranto e quinoa, è una minaccia.
La mia amaranto-confezione, dell'AltroMercato arriva dalle pendici dell'Himalaya, non so che relazioni abbia con il centro America, ma non facciamoci troppe domande.
Le palline sono molto carine davvero. Mi intristiva abbandonarle in acqua salata per 20 - 25 minuti, le ho invece cotte a risotto, tostandole con poco scalogno e aggiungendo a poco a poco brodo vegetale.
A dieci minuti dall'inizio della cottura ho aggiunto carciofi a spicchietti  (3 bellissimi carciofi spinosi sardi, con gambo tenerissimo).
Ho completato con poco prezzemolo, una quenelle fatta con caprino fresco, un filo d'olio e paprica forte.
A proposito di quenelle(s), se ci fosse qualche anima pia che si offre di insegnarmi a formarle in modo appena decente, si faccia avanti. Prometto eterna gratitudine.
(PoveraPazza)


25 gennaio 2011

rosso, giallo e blu: una pasta dai colori primari

Chi mi legge ormai saprà che "pasteggio" poco.
Forse un trauma infantile da pasta scotta reiterata, chissà.
Mi piacciono, ora, soprattutto i sughi con le verdure, colorati e che fanno allegria.
Per il mio pranzo della domenica ho pensato di abbinare il rosso del radicchio al giallo della curcuma e al blu del gorgonzola. Il sapore abbastanza neutro della curcuma stempera l'amaro del radicchio e il piccante del gorgonzola. 
Per due persone:
160 gr di bavette
un bel cespo di radicchio di Treviso, precoce
uno scalogno
un cucchiaino di curcuma in polvere
70 gr di gorgonzola
sale, pepe, olio d'oliva
--
Mentre la pasta cuoce, tritare lo scalogno e farlo appassire in poco olio, evitando che prenda colore.
Unire il radicchio a striscioline e lasciare insaporire per qualche minuto. Salare e spolverizzare con la curcuma. A fuoco spento, unire il gorgonzola a dadini. Passare al frullatore a immersione, diluendo, se necessario, con poca acqua. Aggiustare di sale e pepe.
Saltare la pasta con il condimento preparato e servire, fumante.
(PoveraPazza)










26 novembre 2010

pasta fighetta con ragù, di baccalà però

La sindrome del Bianconiglio non accenna a guarire, neppure a migliorare, se è per questo. C'è tanto - troppo - lavoro da fare e le spese sono a carico della vita vera. Allora latita la palestra, gli amici non so neppure più che faccia abbiano, la blog-creatura mi si rinsecchisce per mancanza di nutrimento.
L'ispirazione, quella, ci sarebbe pure. E' proprio che non riesco a far combaciare i lembi di una coperta asimmetrica.
Vabbuò, inutile lamentarsi. Passerà anche questa nottata.
Intanto nel mondo parallelo dei bloggers sono nate due nuove creature che non vedo l'ora di toccare e sfogliare: i libri calicantini. Ma ormai tutti lo sanno e non si parla d'altro fra queste righe.
I calicanti loro stessi medesimi sono personaggi formidabili. Molto poco star e molto tutto quello che ci piace. Ma anche questo è noto assai.
Questo per introdurre il baccalà? No, affatto, ma mi piaceva dirlo. E mi spiacerà molto non essere presente al baccanale di presentazione dei figliolini, ma la distanza e la stagione non consentono. Ci saranno altre occasioni, spero. Vero MaiteMarie? - il fotografo che però si nega spesso alla vista altrui, dunque non lo conosco.
Odo un coro unanime: ce la dai o no 'sta ricetta? E vabbè, arrivo, arrivo.
Che io non sia una creatura pastifera già l'ho detto. Ogni tanto mi cimento, così, per puro spirito di contraddizione. Questa volta mi serviva un primo autunnale e, visto che quelli con la verdura sola mi sanno più di primavera- estate, mi son lanciata in un ennesimo ragù di pesce.
Ormai ho bandito dalla mia tavola(con gran sofferenza ma I PRINCIPI SONO I PRINCIPI (non le altezze reali, le idee) ) il tonno, il pesce spada e i gamberetti. Che resta? Baccalà, forever.
Per 4:
calamarata 380 gr,
 baccalà ammollato privato delle spine 300 gr,
 pomodori pelati 1 scatola,
una piccola cipolla
una carotina
uno spicchio d'aglio
1 gambo di sedano,
peperoncino fresco
prezzemolo
olio d'oliva
sale
--
Tritare il sedano, la carota e la cipolla e farli appassire in un filo d'olio. Aggiungere i pelati, poca acqua e una presa di sale. Coprire e cuocere la salsa per 25-30 minuti.
Nel frattempo stufare il baccalà a pezzettoni, l'aglio e il peperoncino in un tegame con un filo d'olio. Cuocere il pesce - adagiato dalla parte della pelle - , coperto, per una ventina di minuti.
Lasciare intiepidire il pesce, levare per quanto possibile la pelle e sfaldarlo con una forchetta. Riunire il pesce nel suo fondo di cottura. Quando il fondo comincerà a sfrigolare aggiungere il prezzemolo tritato e la salsa di pomodoro preparata in precedenza. Lasciare insaporire per qualche minuto, aggiungendo poca acqua, se serve.
Nel frattempo lessare la pasta, scolarla al dente e saltarla nel ragù preparato.
La porzione nella foto è quella che ho mangiato io per entrare nei jeans e chiuderli, pure.
(PoveraPazza)

10 novembre 2010

without pummarola 'ncopp



chapter one: Ancora fuori

Stoppa, questo è quel che mi ricordarono i suoi capelli. Alluminio, forse, era il materiale del portoncino fuori dal quale stava fumando una sigaretta.

Noi: "Ci scusi" _dicemmo in coro_ "stiamo cercando il ristorante blablabla  delle cantine blablabla ci hanno detto che sta qua ma 'ndò stà"
Lei: Voilà sta proprio qua   ella disse _in coro [suo]_ per non essere da meno_ scostò il suo bianco poncho vintage per scoprire il prezioso metallo anodizzato
Noi: Ua (sincera espressione di genuina meraviglia in napoletano) sta qua.
Noi, tra di Noi ma senza far sentire Lei:  ma come! Un ristorante cosìcolà di una casa vinicola colàecolì con un portoncino così!


chapter two: Oramai dentro

Noi: ?
Io: ???

Eravamo nel bel mezzo di un viaggio  a ritroso nel tempo: il finto pub rustico degli anni 80.
Calce grezza alle pareti, ruote di carro come tavoli o tavoli adatti ad essere usati come ruote di carro, barili usati come sedie o forse erano sedie scomode come barili, arnesi misteriosi appesi alle pareti forse si, attrezzi agricoli o  forse no, non so.


Chapter three: La sorpresa

La fumatrice, stopposa e ponchosa, è anche cameriera! Anzi, forse è anche la tenutaria. Al banco bar c'è anche il suo alterego in stile vecchia tossica hippy con un treccione nero (che ti sembra giovane di spalle ma è una vecchiarda se vista di fronte) ed inoltre un figuro barbuto, ma forse pure barboso, appare decisamente indaffarato tra banco bar, cucina, depositi ed un temibile palchetto per esibizioni live.
Vuoto è il locale ed anche il desiderio che partorisce il mio senso estetico è paragonabile ad un anelito di vuoto.


Chapter four: La carta

La tipa stopposa ci porta un foglio sul quale vi era stampata la dicitura: MENU' ma era rimasto poco spazio per scrivere altro, molto spazio ancora era stato dato ai numeri che ti indicavano quanto ti sarebbe costato mangiare, quindi si capisce che questo aveva ridotto enormemente la possibilità di poter cucinare più di due o tre cosette.
Mentre si discuteva tra Noi se conveniva farsi derubare ordinando un bicchiere di vino a testa o farsi derubare ordinando addirittura una bottiglia intera, mi cadde l'occhio sullo SCAMMARO  "piccolinamente" indicato in MENU'.


Chapter five: Lo Scammaro è...


Io: Scusi signora stopposa che cos'è lo scammaro?
Lei:  stopposamente disse: lo scammaro è....euan.... EuanTuTriFor... lo barbuto barboso ed altri giovani vecchi cominciarono a suonare un amplificatissimo Jazzzzz.


beh vi sembrerà strano ma proprio non ricordo cosa disse la stopposa dello scammaro.
Forse parlò di spezzettare queste


tagliuzzare questo


tostare questi


e tostare anche questo


ammollare queste


Insomma con tutta questa roba qui:


quella sera, qualcuno in cucina, buttò in una padella con l'olio una alice salata con un spicchio d'aglio tritato. Consumata l'alice buttò in padella le olive bianche e nere, tagliate a pezzettoni ed aggiunse di lì a poco i capperi. Forse la stopposa, ma non ci giurerei, fece cuocere la pasta al dente che poi venne unita  con le olive ed i capperi in padella. Infine rimestò tutto aggiungendo l'uvetta ammollata, i pinoli tostati e per ultimi prezzemolo e pan grattato anch'esso tostato.

Una appendice storica


Lo scammaro sono degli spaghetti conditi senza pomodoro. I "giorni di scammaro" che nel regno delle due sicilie identificavano i giorni della quaresima e tutti gli altri giorni dell'anno nei quali, per precetto religioso, era obbligatorio mangiare di magro  la voce scammaro è un sostantivo derivato, attraverso una protesi di una s distrattiva, dal verbo latino *cammarare=mangiar di grasso; posto che *cammarare è mangiar di grasso, ne deriva che *scammarare (donde scammaro) vale mangiar di magro.

Amedeo Bolinari

2 novembre 2010

bottino del salone : 1 - Tortelli di farina 7 effe con burrata ed erbette

 Aspettiamo con ansia l'unico fine settimana lungo dell' anno e piove. Piove ininterrottamente per tutto il suddetto weekend, piove a secchiate, impietosamente. Ci riposiamo, pensiamo. Certo, peccato per quella passeggiata in montagna che avremmo voluto fare prima del definitivo arrivo dell'inverno, peccato.
Però abbiamo dei giochi nuovi: il bottino del salone. Con un pò di tempo dalla nostra e i nostri intrugli da fare, magari le salviamo queste giornate.
Il bottino del salone consiste in trouvailles da rielaborare, nessun salume formaggio conserva dolciume già fatto. E' stata una scelta precisa filosoficamente dettata dal "mica si può comprar tutto"!

 Il primo esperimento è stato tentato con la farina sette effe del Mulino Marino. E' da agricoltura biologica, macinata a pietra ed è composta da grano tenero, grano duro, segale, farro, mais, riso e grano saraceno.  Ho rifatto i tortelli di erbette di Nadia Santini e, a parte un incidente di percorso che poi vi dirò, sono venuti strepitosi.


Ingredienti:
250 gr di burrata
200 gr di erbette
1 piccolo cipollotto e 1 costina di sedano verde
1 cucchiaino di burro, 1 pizzico di noce moscata e pepe, 1 mestolino di brodo vegetale
- per la pasta:
2 uova intere e due tuorli ( 60 gr uova intere e 30 gr tuorli - in tutto 180 gr)
gr 200 di farine sette effe (o farina bianca 00)
1 pizzico di sale
- per il condimento
burro e parmigiano grattugiato
--
Preparare il ripieno: stufare il cipollotto ed il sedano tritato in poco burro, unire le erbette lavate, tagliate grossolanamente e non scolate. Aggiungere un mestolino di brodo e far cuocere fino a che le erbette non siano tenere. Frullare fino ad ottenere una crema. Aprire la burrata su un tagliere, tenere l'interno da parte, tagliare a coltello la parte esterna e poi unire tutto alle erbette. Aggiustare di sale, aggiungere un pizzico di noce moscata, il pepe e tenere in frigo fino al momento di utilizzarlo.
Il mio impasto era un pò molle, ho aggiunto due cucchiai di pane grattugiato, ma forse è meglio far colare la crema di erbette se risultasse poco consistente.
Preparare la pasta facendo la fontana e scusciando le uova nell'incavo ed aggiungendo un pizzico di sale. Impastare fino a quando non risulta porosa.
Tirare non troppo sottile (io, a mattarello) circa mezzo millimetro e ricavare con la rotella dei quadrati di 8 cm di lato.
Su ogni quadrato posare una pallina di ripieno e un filetto piccolissimo di burrata.  Chiudere a triangolo bagnando LEGGERMENTE i bordi. Io forse ho esagerato con l'acqua. I tortelli si sono sì saldati alla perfezione ma poi si sono anche saldati l'uno all'altro in modo quasi irreparabile.



Se non ci fosse stato Al con la sua santa pazienza avrei gettato via tutto. E sarebbe stato un vero peccato. Ogni volta che cucino c'è una crisi isterica in agguato (mica il titolo del blog è spuntato sotto un fungo..) che non riesco a controllare. Se i piatti non riscono al primo colpo, se qualche intoppo si frappone tra me e l'idea che mi sono fatta sono strepiti e alti lai (soprattutto strepiti e parolacce).
--
I miracolati vanno cotti in acqua bollente salata per quattro (al dente) o cinque minuti e poi
conditi con un cucchiaio di burro fuso ma non nocciola e parmigiano grattugiato.
--
Non so come sia la versione con farina bianca normale: questa sette effe ha aggiunto complessità di sapore e una piacevole ruvidezza alla pasta.
Con queste dosi ho ottenuto 35 tortelli : una porzione equa è 5 pezzi a testa. Ma, certo, se proprio avete fame anche di più eh..
(PoveraPazza)

29 settembre 2010

ปลาหมึก - calamari un po' thai e digressioni sulla colatura

 
 Il mercato comunale di piazza XXIV Maggio mi rovina.
Trovo molto divertente la multietnicità di venditori e compratori, trovo irresistibile che sia più facile trovarci la patata dolce dell'ossobuco (possibili entrambi, però), adoro il contrasto tra la vecchina - certa istituzione del luogo - e la deliziosa famiglia cingalese nuova arrivata. 
Ci faccio spesso un giro i sabato mattina.
Stavolta  ho comprato la salsa di pesce thailandese: il demone della scienza (sì, vabbè) mi ha imposto di compararla alla colatura di alici.
La prova sperimentale, consistente in una gran bella annusata, ha dimostrato che quella thai puzza ben di più. La prova dell'eurino ha invece dimostrato che costa ben ben meno (1 soldino per 250ml).
Credo che il processo produttivo di entrambe sia simile, anche se il prezioso liquido campano deve di certo essere più raffinato. Sempre di acciughe e sale si tratta, però, lasciate fermentare in botti in un caso e in cassette di legno nell'altro.
Attendo gli strali dei miei co-blogger napoletani e anche di tutti gli altri campani cucinieri sofisticati.
Son pronta, partite con la lapidazione.
Faccio in tempo a lasciarvi  la ricetta della ciotolina in foto (per quattro)?:

- calamari 750 gr (il mio era un calamarone-monstre)
- 250gr di pak choi (o bietina nostrana)
- mezzo peperone rosso
- una manciata di fagiolini mondati e sbianchiti
- una cipolla bianca piccola
- due cm di zenzero grattugiato
- uno spicchio d'aglio intero
- il succo di un lime
- un peperoncino fresco
- un cucchiaio di olio di sesamo e uno di aceto di riso
- un cucchiaio  di salsa di pesce thai (eccola qua)
- un cucchiaino di zucchero 
- un cucchiaio di amido di mais

Tritare la cipolla e farla saltare con zenzero e aglio in un cucchiaio di olio di sesamo e uno d'oliva.
Tagliare a striscioline il pak choi e il peperone.  Unire tutte le verdure al soffritto e lasciare insaporire per pochi minuti. Nel frattempo tagliare a losanghe il calamaro e inciderlo con la punta di un coltello per renderlo vezzosamente orientale (e farlo cuocere prima, con ogni evidenza). Unirlo alle verdure e saltare mentre si prepara il condimento. In una ciotola mescolare la salsa di pesce, l'aceto di riso, il lime, il peperoncino a striscioline, lo zucchero e l'amido di mais stemperato con due cucchiai d'acqua.
Versare la salsa su pesce e verdure e far restringere a fuoco moderato.
Servire con riso bianco d'ordinanza.
--
Il buon proposito della settimana è: provare a fare qualche dolce  (senza poi mangiarselo tutto).
Parola di lupetto.
(PoveraPazza)









31 agosto 2010

Pasta fighetta con lo scorfano


Dopo TUTTA (si fa per dire, non illudetevi) questa vacanza, sono un pò post-arrugginita. Nel senso che non so da che parte cominciare a scrivere!
Ci provo?
Prima di partire, ad una delle mie cene del giovedì, ho servito dei fusilli di Gragnano con una salsa di pomodoro leggera e tocchettini di scorfano appena saltati.
Ne è venuto fuori un primo delizioso, profumato e colorato che ho fatto posare nel bicchierino nuovo nuovo, con la sua vezzosissima forma irregolare.
Ho usato un contenitore così piccolo perchè non ne è avanzato un piatto intero!
Per quattro persone:
320 gr di fusilli di Gragnano,
200 gr di filetti di scorfano, 
timo e santoreggia freschi
4 pomodori ben maturi
uno spicchio d'aglio 
una punta di cucchiaino di zucchero
un peperoncino
200 gr di passata di pomodoro
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Preparare una salsa leggera, facendo appena colorire aglio e peperoncino in olio d'oliva, aggiungere il pomdoro fresco a pezzetti e dopo qualche minuto la passata.  Far restringere, dopo aver corretto l'acidità con una puntina di zucchero. Aggiustare di sale e pepe. Passare al setaccio.
Nel frattempo lessare la pasta e, mentre cuoce, far saltare i filetti di scorfano a pezzetti, conditi con olio, sale e  pepe.
Scolare la pasta, mantecarla con la salsa preparata e completare con i dadini di scorfano e le foglioline di timo e santoreggia.
Servire.
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Non cucino spesso la pasta. A dire il vero non so perchè, devono essere i geni nordici che mi fanno preferire il riso o le zuppe. Pensare che un bel piatto di pasta dà una gran soddisfazione e ti risolve una cena. Prometto che d'ora in avanti diventerò pastifera. Ecco.
(PoveraPazza)






30 luglio 2010

esercizio di stile

Oggi non avevo in programma nessun post.  Dovevo post -produrre le foto, riguardare le ricette. Ma.
Ho letto da Jasmine di una ricerca che mi ha molto interessata. Ha a che fare con chi scrive e chi legge (food)blog. Cosa si aspetta il lettore, cosa vogliono trasmettere i blogger. Piacciono le foto dei passaggi o il prodotto scenografico e finale?
Pare che ciò che intriga un lettore impicci il blogger, ma vi rimando a Labna per tutti gli scottanti particolari.
 Pensavo a me, a noi.
Noi di Hysteria, misconosciuti per quanto siamo, abbiamo pensato prima di tutto a divertirci. Quindi qui siamo proprio noi, con le nostre manie e tic e vezzi lessicali e ambizioni "artistiche" con tutte le virgolette del caso.  Non siamo didattici e probabilmente non lo saremo mai. Potremo, forse, essere più precisi con passaggi e dosi, però ed è un però di sostanza, credo che il fondamento di un blog,  di questo in particolare, sia mostrare se stessi. Non insegnare. Magari ispirare o stimolare, non siamo cuochi, siamo scioperati e narcisisti. Speriamo simpatici. Parliamo così, siamo così.
Comunque pensiamoci ai lettori che (MAGARI!) vogliono pure imparare. Io ci rifletto, eh..
Facciamo un esempio.
Quella che vedete sopra è una stellina di farinata con topping di ratatouille. Preparata per la cena del giovedì. Adoro la farinata, non sono capace di farla bene. Ieri ci riprovo, senza teglia di ghisa. Sarà comunque buona.. No. Non si stacca se non la fai nella teglia giusta. Non c'è verso.
Dopo un dieci minuti di spatolamento riesco a strapparne un frammento dall'abbraccio mortale con la leccarda, la imbelletto, la coppo a stellina,  la inciprio di verdura e la fotografo.
Bella è bella, però se il malcapitato utente prova a riprodurre la cecina/farinata/torta come ho fatto io NON GLI VIENE.
Condivido il fallimento con tutti voi, miei cari. Forse non l'avrei fatto se non avessi letto stamattina il post di Jasmine. Chissà.

Per chi volesse migliorare la cecina, passo le dosi:

*250gr di farina di ceci
*750 ml di acqua fredda
*10 gr di sale
*2 cucchiai d'olio
* pepe

Mescolare tutti gli ingredienti con una frusta, evitando i grumi. Lasciare riposare almeno un'ora. Infornare a 220° per una ventina di minuti,nella teglia di ghisa unta d'olio.
Così diceva la ricetta. Facile. Ma, forse, 220° sono troppi. Oppure serve acqua che evapori nel forno. Oppure la teglia di ghisa è fondamentale. Oppure va bene anche la leccarda coperta di carta da forno. Oppure.
Chi sapesse, bussi. Chi avesse qualcosa da dire, riflessioni filosofiche o barzellette, si faccia avanti.
Una buona fine di settimana a tutti.
(PoveraPazza)

26 luglio 2010

zuppetta di tagliatelle di farro

Mi sono messa in testa che devo imparare a fare la pasta. Pasta vera, intendo. Senza uova. La pasta all'uovo non mi è mai piaciuta. Quella di semola rimacinata è la vera pasta, per me. Quanto di più lontano dalla tradizione polenton-sabauda, ma tant'è.
Sulla scia di questa mania ho comprato giusto quei sei-sette chili di farine di vario genere. Il farro integrale tra loro.
Azzardo una tagliatella di farro senza uova:
150 gr di farina Manitoba,
150 gr di farina di farro-integrale-biologica-forse equa e solidale ecc.
un pizzicone di sale, un cucchiaio d'olio d'oliva (avvertenza: se non altrimenti specificato in tutti i post si tratta sempre di extra vergine)
acqua q.b.
Impastare a lungo tutti gli ingredienti fino ad ottenere una pasta soda ed elastica. Lasciare riposare coperta per almeno un'oretta.
Riprendere  la pasta e stenderla (pur possedendo la nonna papera, a mano e con mattarello in un evidente delirio di onnipotenza), piegare le sfoglie su se stesse e ricavarne delle tagliatelle abbastanza sottili.
Lasciar seccare per una notte almeno.
Si possono condire in mille e cinquecento modi, ovviamente.
Ho scelto, questa volta, un condimento cotto-crudo abbastanza interessante.
Per la zuppetta:
300 gr di gamberi, lime, basilico, olio, sale, pepe.
Pulire i gamberi tenendo le teste da parte, tagliarli a metà e farli marinare al fresco con il succo di un lime, la buccia grattugiata dello stesso, olio, sale pepe e basilico spezzettato.

Preparare una bisque: soffriggere un cipollotto fresco insieme ad una costa di sedano a dadini. Unire le teste dei gamberi e rosolare per qualche minuto. Unire acqua fino a coprire il tutto e lasciare sobbollire per una decina di minuti.
Passare al chinois, aggiustare di sale e pepe e tenere da parte.

Scolare dal liquido di governo dei ceci precotti (avendo più tempo i ceci secchi e lasciati a bagno le classiche 12 ore saranno perfetti). Preparare un fondo con carota e cipollotto, unire i legumi, coprire con brodo vegetale e lasciare cuocere per una decina di minuti. Passare con il frullatore a immersione, aggiungere la bisque preparata in precedenza e una spruzzata di lime. Salare e pepare. La consistenza della zuppetta è determinata dalla quantità di brodo che si usa per la cottura dei ceci. Parecchia=zuppetta zuppetta, pochina= crema. Vedete voi.

Nel frattempo lessare le tagliatelle molto al dente, scolarle e condirle con qualche cucchiaio di zuppetta. Per servire: un mestolo di zuppetta, le tagliatelle, un cucchiaio di gamberi marinati e qualche foglia di basilico spezzata a mano. Pepe bianco.


La prossima settimana ho in programma due o tre cosine nuove da sperimentare. Stateve accuorti (Gep, Amedè si dice così??)
(PoveraPazza).

5 aprile 2010

Come piselli in un baccello - zuppetta primaverile

















Cari amichetti , oggi, complice la primavera, decido di provare a imparare a fotografare. Risultati scarsi, ma, visto che si sperimenta, l'occasione è buona per far posare il pisello fresco e la tazza verdolina appena comprata con la precisa intenzione di usarla come contenitore di luculliane ricette.
Ora, non che questa sia luculliana. No no no! Salutista abbastanza e molto primaverile però si.
Ma procediamo con ordine: qualche giorno fa avevo letto di una zuppetta primaverile qui:s pring english pea, potato and rice soup. E mentre ve lo dico, astutamente (!) imparo a inserire link e fotografie..














La ricetta non è una vera e propria ricetta. Chi non sa fare una minestra di riso e piselli, dai! Persino la mia mamma ce la cucinava. Ed è tutto dire. Forse lei non ci metteva l'aglio, anzi, non ce lo metteva di certo.
Chi mi conosce sa che il mio cruccio (uno dei tanti) è di non avere una madre cucinante.
O meglio: cucinante per sopravvivenza, ma senza il piacere della creazione, seppur modesta. La mia deve essere stata una reazione, credo. Mai fare due volte la stessa ricetta (esagero, ma è quasi vero) forse mi viene da lì, dall'aver mangiato per anni  le stesse minestre. Commestibili, per carità, ma tristi!
Da allora ho sempre sperimentato, con alterne fortune, cucine più o meno (soprattutto meno) tradizionali, per curiosità, per il gusto della scoperta.
Da oggi lo condivido con voi, se vorrete.
PP (povera pazza)