Non sarà una incursione tra imbarazzanti capitoli del Marchese de Sade. Il nome di questo preparato tappabuchi è la storpiatura familiare de 'Les cakes de Sophie' (se non ho malamente trascritto il titolo).
Ovviamente non mi sarei neppure sognato dell'esistenza della signorina Sophie. E' come sempre merito dell'inquitudine della Povera Pazza, che ha tanto di libro dal quale io, diligente scolaro, ho tratto qualche furtiva fotocopia. Dunque, per le referenze bibilografiche chiedete a lei.
Sta marpiona di Sophie, ha scopiazzato da qualche parte la ricetta di base della Cake e ha confezionato 'nu cuofano' di volumi in cui con la dedizione minimalista di PhilipGlass ha farcito la Cake medesima con tutto quello che può passare un banco frigo della Carrefour (sua degna connazionale) ai saldi.
Scoperto l'inganno qui se ne propone una variante che la povera mangia lumache non ha partorito (almeno per quanto si evince dalla mia personale ricerca bibliografica).
Come potete vedere dal piatto in effige la variante è context sensitive (non trasversale dunque alle gerarchie linguistiche di Chomsky). Pomodorini (meglio se del vesuvio), provola (meglio se di agerola) basilico (di dove vi pare).
La variante più amata non è comunque questa. Essa, fedelmente tratta da pagina autografa della Sophie, usa formaggio caprino in scorza e zucchine. Devo ammetterlo, vale la pena provarla. Le preparo di solito in coppia, per stuzzicare con l'esotico il palato napoletano (impresa di difficoltà confrontabile a far intonare bella ciao al ministro onorevole Bondi) ma per blandirlo subito dopo rassicurante con il generoso seno materno.
E statevi attenti che le insidie non mancano.
Per onorare il nome di questo blog, non sono mancate le scene di panico in contesti in cui serviva un profilo elevatissimo. Ricordo un allegro consesso in cui io e il povero Amedeo Bolinari eravamo accerchiati da una greggia di zompaperete posillipine (per lo più coeve dell'uomo mascherato). Dovete sapere, anche se non serve all'economia del racconto, che la posillipina verace parla con la erre arrotata e, soprattutto, è esaurita.
Ciascuno, in questa merenda fredda con vista Capri, esibiva le sue prodezze culinarie. Io le due cacche.
Al taglio della prima (la versione neapolitana pomodori e provola) si aperse il baratro. Cruda. Terra inghiottimi. Incerto se scipparmi i panni 'a cuollo o tentare la sorte con la cacca di riserva, ho battuto la seconda via. Neanche Silvan sarebbe riuscito a far sparire la prima con maggiore destrezza. La seconda mi ha salvato.
La ricetta. Per l'impasto base (quello che ha fatto la fortuna della Sophie)
3 uova
120 g di latte intero
80 g di olio di girasole
una bustina di lievito per salati
80 g di parmigiano grattato
150 g di farina.
In una terrina sbattere le uova, unire la farina, il lievito, un pizzico di sale, a goccia l'olio, il latte tiepido e, infine, il parmigiano. Una grattata di pepe.
Si dovrebbe ottenere un impasto liscio e non eccessivamente denso.
Nell'impasto vanno uniti gli ingredienti che danno il tema.
Nel caso in questione una decina di pomodorini tagliati a metà, privati dei semi e dell'acqua e passati in padella pochi minuti per appassirli (nella seconda variante 200 g di zucchine a rondelle passate dieci minuti in padella con un filo d'olio e poi asciugate).
Aggiungere poi 200-300 g di provola a dadini (meglio se non troppo fresca per evitare un eccesso di siero).
(Nella variante 200- 300 g di caprino con scorza). Mescolare all'interno anche una decina di foglie di basilico intero (nella variante Sophie parla di cerfoglio che non ho avuto mai la gioia di vedere e che sostituisco con timo e maggiorana).
Versare nello stampo lungo e rettangolare ed infornare per 45 minuti. Per lo stampo suggerisco uno stampo rettangolare lungo. Stampi corti che costringono l'impasto su spessori eccessivi mettono a rischio la cottura interna (vedi sopra).
Ovviamente questa è una torta salata molto umida.
Non va servita calda. Si prepara in anticipo (grazie a dio) e si può servire anche il giorno successivo.
ViPeron
Ovviamente non mi sarei neppure sognato dell'esistenza della signorina Sophie. E' come sempre merito dell'inquitudine della Povera Pazza, che ha tanto di libro dal quale io, diligente scolaro, ho tratto qualche furtiva fotocopia. Dunque, per le referenze bibilografiche chiedete a lei.
Sta marpiona di Sophie, ha scopiazzato da qualche parte la ricetta di base della Cake e ha confezionato 'nu cuofano' di volumi in cui con la dedizione minimalista di PhilipGlass ha farcito la Cake medesima con tutto quello che può passare un banco frigo della Carrefour (sua degna connazionale) ai saldi.
Scoperto l'inganno qui se ne propone una variante che la povera mangia lumache non ha partorito (almeno per quanto si evince dalla mia personale ricerca bibliografica).
Come potete vedere dal piatto in effige la variante è context sensitive (non trasversale dunque alle gerarchie linguistiche di Chomsky). Pomodorini (meglio se del vesuvio), provola (meglio se di agerola) basilico (di dove vi pare).
La variante più amata non è comunque questa. Essa, fedelmente tratta da pagina autografa della Sophie, usa formaggio caprino in scorza e zucchine. Devo ammetterlo, vale la pena provarla. Le preparo di solito in coppia, per stuzzicare con l'esotico il palato napoletano (impresa di difficoltà confrontabile a far intonare bella ciao al ministro onorevole Bondi) ma per blandirlo subito dopo rassicurante con il generoso seno materno.
E statevi attenti che le insidie non mancano.
Per onorare il nome di questo blog, non sono mancate le scene di panico in contesti in cui serviva un profilo elevatissimo. Ricordo un allegro consesso in cui io e il povero Amedeo Bolinari eravamo accerchiati da una greggia di zompaperete posillipine (per lo più coeve dell'uomo mascherato). Dovete sapere, anche se non serve all'economia del racconto, che la posillipina verace parla con la erre arrotata e, soprattutto, è esaurita.
Ciascuno, in questa merenda fredda con vista Capri, esibiva le sue prodezze culinarie. Io le due cacche.
Al taglio della prima (la versione neapolitana pomodori e provola) si aperse il baratro. Cruda. Terra inghiottimi. Incerto se scipparmi i panni 'a cuollo o tentare la sorte con la cacca di riserva, ho battuto la seconda via. Neanche Silvan sarebbe riuscito a far sparire la prima con maggiore destrezza. La seconda mi ha salvato.
La ricetta. Per l'impasto base (quello che ha fatto la fortuna della Sophie)
3 uova
120 g di latte intero
80 g di olio di girasole
una bustina di lievito per salati
80 g di parmigiano grattato
150 g di farina.
In una terrina sbattere le uova, unire la farina, il lievito, un pizzico di sale, a goccia l'olio, il latte tiepido e, infine, il parmigiano. Una grattata di pepe.
Si dovrebbe ottenere un impasto liscio e non eccessivamente denso.
Nell'impasto vanno uniti gli ingredienti che danno il tema.
Nel caso in questione una decina di pomodorini tagliati a metà, privati dei semi e dell'acqua e passati in padella pochi minuti per appassirli (nella seconda variante 200 g di zucchine a rondelle passate dieci minuti in padella con un filo d'olio e poi asciugate).
Aggiungere poi 200-300 g di provola a dadini (meglio se non troppo fresca per evitare un eccesso di siero).
(Nella variante 200- 300 g di caprino con scorza). Mescolare all'interno anche una decina di foglie di basilico intero (nella variante Sophie parla di cerfoglio che non ho avuto mai la gioia di vedere e che sostituisco con timo e maggiorana).
Versare nello stampo lungo e rettangolare ed infornare per 45 minuti. Per lo stampo suggerisco uno stampo rettangolare lungo. Stampi corti che costringono l'impasto su spessori eccessivi mettono a rischio la cottura interna (vedi sopra).
Ovviamente questa è una torta salata molto umida.
Non va servita calda. Si prepara in anticipo (grazie a dio) e si può servire anche il giorno successivo.
ViPeron