"Ma, quando niente sussiste d'un passato antico, dopo la morte degli esseri, dopo la distruzione delle cose, più tenui ma più vividi, più immateriali, più persistenti, più fedeli, l'odore e il sapore, lungo tempo ancora perdurano, come anime, a ricordare, ad attendere, a sperare, sopra la rovina di tutto il resto, portando sulla loro stilla quasi impalpabile, senza vacillare, l'immenso edificio del ricordo."
(M. Proust)

31 agosto 2010

Pasta fighetta con lo scorfano


Dopo TUTTA (si fa per dire, non illudetevi) questa vacanza, sono un pò post-arrugginita. Nel senso che non so da che parte cominciare a scrivere!
Ci provo?
Prima di partire, ad una delle mie cene del giovedì, ho servito dei fusilli di Gragnano con una salsa di pomodoro leggera e tocchettini di scorfano appena saltati.
Ne è venuto fuori un primo delizioso, profumato e colorato che ho fatto posare nel bicchierino nuovo nuovo, con la sua vezzosissima forma irregolare.
Ho usato un contenitore così piccolo perchè non ne è avanzato un piatto intero!
Per quattro persone:
320 gr di fusilli di Gragnano,
200 gr di filetti di scorfano, 
timo e santoreggia freschi
4 pomodori ben maturi
uno spicchio d'aglio 
una punta di cucchiaino di zucchero
un peperoncino
200 gr di passata di pomodoro
--
Preparare una salsa leggera, facendo appena colorire aglio e peperoncino in olio d'oliva, aggiungere il pomdoro fresco a pezzetti e dopo qualche minuto la passata.  Far restringere, dopo aver corretto l'acidità con una puntina di zucchero. Aggiustare di sale e pepe. Passare al setaccio.
Nel frattempo lessare la pasta e, mentre cuoce, far saltare i filetti di scorfano a pezzetti, conditi con olio, sale e  pepe.
Scolare la pasta, mantecarla con la salsa preparata e completare con i dadini di scorfano e le foglioline di timo e santoreggia.
Servire.
--
Non cucino spesso la pasta. A dire il vero non so perchè, devono essere i geni nordici che mi fanno preferire il riso o le zuppe. Pensare che un bel piatto di pasta dà una gran soddisfazione e ti risolve una cena. Prometto che d'ora in avanti diventerò pastifera. Ecco.
(PoveraPazza)






7 agosto 2010

pesche ripiene, mica madeleines


da oggi, 7 luglio 2011, la zia Mariuccina insegnerà le sue pesche ripiene, i capunit e la frittura dolce più buona del mondo a un nuovo pubblico. Piaceranno, lassù, sono sicura.
--
Le pesche ripiene sono la mia infanzia, il dolce che mia zia Mariuccia ci faceva trovare ogni estate (l'inverno era rappresentato dalla crema per antonomasia oppure dalla frittura dolce due semplicissime ricette che magari mi proverò a ripetere, una di queste volte).
La zia è diventata un mito vero fra i miei amici per la sua totale incapacità di spiegare le cose. Come ViPeron ha ricordato qualche post fa, sua è la categoria metafisica del "ti regoli", in risposta alla mia richiesta di dosi e spiegazioni sulla pesca ripiena, appunto. E quanti amaretti? ti regoli! e quanto cacao "ti regoli!" e così via per una estate intera di tentativi falliti. Nessuna era come le sue, neppure queste. Ma forse le pesche ripiene della mia infanzia ormai sono entrate nel mito e niente le potrà eguagliare.
Dopo anni mi è tornata la voglia di rifarle, per la mia cena del giovedì.
Ah: la zia era categorica solo per un particolare. Bisogna usare le pesche che si spaccano da sole. Quelle che, ad un invito gentile, dividono anche il nocciolo in due. Mai viste. Ormai la pesca non è distinguibile dalla mela eccetera eccetera. Anche il mio spacciatore biologico lascia a desiderare.. 
Si deve pur campare, no? Procuriamo le mejo pesche che troviamo e facciamocele andar bene.
Per 6 persone:
*6 pesche gialle, non dure come sassi ma neanche troppo morbide
* 100 gr. di amaretti
* 2 tuorli (uso solo uova biologiche, non lo specifico neppure più)
* 3 cucchiai di cacao amaro
* 20 gr di burro più un po' per la teglia
e basta. Ho letto fantasiose ricette con uvette liquori mandorle. No, le pesche ripiene vere sono fatte così. Senza fronzoli e non creative. Deliziose, almeno per me.

5 agosto 2010

Pie di Nonna Papera. Una specie.


Ormai lo sapete, vi dico tutto.
Ho fatto emigrare una torta in Val d'Aosta. Era per un quasi-compleanno.
A me cucinare i dolci annoia. Sopporto a stento quelli con frutta oppure al cucchiaio o meglio ancora con frutta e al cucchiaio. Son gli unici che replico.
Mi è venuta voglia di quei pie che mi compravo dagli Amish, al mercatino biologico di Union Square il sabato mattina. Ho provato a rifarla, ma non è la stessa cosa. Non male, diversa però.
Il pie di Grandma Duck è ineguagliabile. Semplicemente.
(Ho visto una ricetta simile in rete qualche giorno fa ma, essendo ormai totalmente imbecille, non l'ho segnato e non riesco più a ritrovarlo per linkarlo - mi scuso con l'autore-autrice - )
Ho usato:
*220 gr. di farina 00 
*50 gr. di fumetto di mais 
*100 gr di burro freddo
*un baccello di vaniglia da cui prelevare i semi con un coltellino
* 3-4 cucchiai di acqua ghiacciata
*3 cucchiai di zucchero semolato
--
per il ripieno: 4 mele golden delicious, 200 gr. di mirtilli, 2 cucchiai di zucchero muscovado e volendo anche 2 cucchiai di panna
--
Sbucciare e tagliare le mele a fettine e farle stufare per dieci minuti, coperte, insieme allo zucchero.
Lasciar raffreddare ed unire i mirtilli ( i miei erano dei veri montanari selvatici) e volendo la panna.
Preparare la pasta mescolando farina e zucchero con il burro freddo, come per fare un crumble, formando quindi le bricioline che si impasteranno inumidendole con l'acqua fredda. Tutto, come si sa, deve essere molto veloce.
 La mia aggiunta della farina di mais si può evitare (si idrata meno di quella normale di frumento), era solo un vezzo ulteriore.
Formare una palla, coprire con la pellicola e lasciar riposare in frigo per una trentina di minuti o più (meglio, se fa caldo).
Riprendere la pasta, stenderne i due terzi, foderare una tortiera, bordi compresi, e far cuocere in bianco, dopo aver bucherellato il fondo con la forchetta, a 190° per dieci minuti senza far colorire.
Riempire con il ripieno di mele, ormai freddo.
Stendere la rimanente pasta, coprire il ripieno cercando di saldare il "coperchio" con i bordi del pie.
Volendo nonnapaperizzare, praticare i taglietti classici in centro per la fuoriuscita del vapore. Cuocere fino a quando la superficie non sia dorata: nel mio forno sono serviti altri 20 minuti a 190°, ma ognuno conosce i suoi polli.. Sorvegliare in modo che non si bruci, eh!
Siccome io avevo fretta di trasportarla l'ho sfilata quasi subito dal disco per farla raffreddare sulla gratella E HO PROVOCATO DELLE ORRIBILI CREPE sulla superficie. Non elegante, no.
Mi sentirei di sconsigliare l'operazione, potendo.
Però era buona. Almeno quello.
(PoveraPazza)
Si sente che sono stanca? Ho bisogno di vacanze, molto bisogno. Ma ci siamo quasi!!

3 agosto 2010

Mr. Paul, I suppose?

Che titolo macabro.. Trovo insopportabile la me stessa che non ce la fa a evitare una (facile) battuta..
Ma non ce la fa, appunto. Allora gioca sul povero Paul vaticinante e probabilmente già soggetto di insalata o umido o..
Oppure re di un acquario spagnolo (speriamo).
Gli ignoti folpetti che, loro malgrado, hanno reso possibile la leccornia qui raffigurata li piango come fratelli. Mi pento e mi dolgo, ma, buoni come sono, non posso promettere che non ripeterò il peccato.
Trattasi di uno stufato estivo, da mangiare freddo, di polpo, patate e peperoni.  Ispirato ad una ricetta di Cucina Italiana, riprodotto con minime variazioni.
--
A me sono serviti:
2 polpi in tutto 1,5kg
1 peperone giallo e 1 rosso
300 gr di patatine rosse nuove
abbondante basilico fresco
alloro
olio d'oliva
1 cipolla di Tropea grande (la mia era novella)
--
Da quando ho scoperto la cottura senza nulla, continuo a proporre polpi in ogni variazione possibile.
Un metodo che ha a che fare con l'uovo di Colombo, tanto semplice e fonte di tanta soddisfazione.
Si fa stufare la cipolla tagliata sottile in un cucchiaio d'olio a fuoco dolce. Si uniscono i polpi puliti e lavati e due foglie di alloro. No acqua. No sale. Niente. Si copre e si lascia andare a fuoco dolcissimo per 30 minuti.
Nel frattempo si puliscono i peperoni, si tagliano a dadi non troppo piccoli. Si lavano e tagliano le patatine con la buccia (se si usano patate non novelle va bene anche sbucciarle, ovviamente), sempre a cubetti.
Trascorsi i trenta minuti si uniscono i peperoni, e si lasciano insaporire per cinque minuti. E' poi la volta delle patate.
Sempre no acqua, no sale, no olio.
Si copre e si lascia cuocere ancora una ventina di minuti.
Come per la cottura tradizionale il polpo dovrà essere lasciato nella sua acqua a raffreddare.
Si scola intanto la verdura per evitare che il calore la cuocia ulteriormente.
A questo punto il cugino di Paul potrà essere scolato e tagliato a pezzetti, conservando le ventose. Si unirà, in una capace ciotola, alle verdure e a una bella manciata di foglie di basilico spezzate a mano. Una macinata di pepe e un filo d'olio buono completeranno il tutto.
Foste parenti delle capre, magari vi sembrerà che il sale ci voglia. Vi sbagliate. Non serve. E'inutile.
Sia il polpo che le verdure sono saporiti al punto giusto.

Con Sigrid, la prima che mi ha aperto il mondo della cottura "a secco" pensavamo di dar vita alla setta dei cuocitori di polpo senz'acqua.
Le iscrizioni sono aperte. Affrettatevi.
(PoveraPazza)

1 agosto 2010

Disastro e redenzione (con deus ex machina): polpette di melanzane.

.
II PARTE: REDENZIONE (CON DEUS EX MACHINA)

Per godere appieno della catartica redenzione, caro e paziente lettore, ti toccherà rifare una capatina agli inferi e rileggerti l'oramai stantia cronaca del disastroso esperimento con le polpette esplosive perché troppo acquose.

Fatto? Bene, il resto della strada è in discesa. 

Ho colto l'occasione di una recente trasferta padana della imprecisa genitrice per costringerla a eseguire la preparazione delle problematiche polpette sotto i miei occhi attenti: con stupore ho constatato l'estrema  semplicità del procedimento. Santa donna! In fondo quel suo mantra: "stai tranquillo, è facile" aveva una sua  raison d'être.

Proseguo con ordine: per 12 polpette serviranno un chilo abbondante di melanzane lunghe (quelle tonde, per quanto più polpose, tendono a rilasciare più acqua),  pan grattato, due uova, un mix abbondante di parmigiano e pecorino grattugiati, sale, pepe, una generosa manciata di basilico, farina e 12 cubetti  dell'immancabile provola affumicata fresca, quella che i napoletani tenderebbero a integrare in qualsivoglia ricetta (persino ViPeron, una volta vittima della provola, nè è diventato schiavo: lo testimoniano i suoi ultimi post!).

In primo luogo, le melanzane vanno sbucciate. Mi sembra già di sentire i rimbrotti degli sdegnati adoratori  della mela insana che sanno - i buongustai - quanta bontà si celi in quel lucido tegumento violaceo. Beh, mantenete la calma:  se proprio non ce la fate a far transumare le bucce nell'umido, tagliatele a quadretti e friggetele: saranno un'ottima aggiunta a un intingolo a base di pomodori San Marzano "schiattati", aglio e una manciata di basilico con cui condire una pasta estemporanea. Ma questa è un'altra storia.

Insomma, sbucciamo 'ste melanzane,  dividiamole in due/tre pezzettoni ciascuna e lessiamole in abbondante acqua (non salata). Una volta scolate, le lasciamo raffreddare per poi schiacciarle e strizzarle con l'ausilio di una garza e di un cinese fino all'ultima goccia d'acqua. Vi prego di apprezzare appieno la portata del corsivo, a meno che non vogliate deliziare i vostri cari con giochi pirotecnici di olio bollente. Se disponete di terrazzo soleggiato, consiglierei anche una certa esposizione del bolo verdino risultante dalla precedente operazione ai raggi di Helios, al fine di sottrarre ulteriore umidità. Quando l'ho suggerito alla mamma-dea ex machina, questa mi ha mandato a quel paese senza tanti convenevoli: due cucchiai di pangrattato sortiranno lo stesso effetto, ha  vaticinato. Che dire. Fiat voluntas tua. Amen.

L'impasto così ottenuto va comunque lasciato riposare per almeno un'ora.

Trascorsa l'ora, aggiungiamo due tuorli d'uova e spolveriamo di pecorino e parmigiano ad libitum.
Proviamo l'impasto, aggiustiamo di sale, aggiungiamo il pepe macinato di fresco e infine amalgamiamo le foglie del mazzetto di basilico, spezzate rigorosamente con le mani. Formiamo delle polpette leggermente schiacciate, dotandole di cuore di provola. Infariniamole una prima volta, passiamole nelle chiare leggermente sbattute delle due uova e ripassiamole nella farina. La doppia infarinatura e l'albume creeranno una corazza che trattiene gli umori residui all'interno della polpetta  e impedisce la loro fuoriuscita esplosiva durante la frittura (ecco svelato l'arcano!). Frittura che deve svolgersi, in olio extavergine di oliva, a temperatura media per dare tempo alla polpetta di cuocere al suo interno.







Queste polpette, soffici e profumate, sono squisite sia calde che fredde.

Prima di prendere commiato, vorrei scusarmi con i frequentatori del blog per la bassa qualità  delle mie illustrazioni. Amo il cibo. Toccarlo. Annusarlo. Prepararlo. Soprattutto, mangiarlo. Tutte cose che, fuor di modestia,  mi riescono abbastanza bene, specie l'ultima.  Ma soffro di una totale incapacità per ogni forma di rappresentazione artistica dello stesso. Vedo le presentazioni e le foto di Povera Pazza e provo profonda vergogna per le mie pochezze. Sono un foodblogger a metà. Forse a un quarto. 

Così è (se vi pare).

(GeppetNo)

30 luglio 2010

esercizio di stile

Oggi non avevo in programma nessun post.  Dovevo post -produrre le foto, riguardare le ricette. Ma.
Ho letto da Jasmine di una ricerca che mi ha molto interessata. Ha a che fare con chi scrive e chi legge (food)blog. Cosa si aspetta il lettore, cosa vogliono trasmettere i blogger. Piacciono le foto dei passaggi o il prodotto scenografico e finale?
Pare che ciò che intriga un lettore impicci il blogger, ma vi rimando a Labna per tutti gli scottanti particolari.
 Pensavo a me, a noi.
Noi di Hysteria, misconosciuti per quanto siamo, abbiamo pensato prima di tutto a divertirci. Quindi qui siamo proprio noi, con le nostre manie e tic e vezzi lessicali e ambizioni "artistiche" con tutte le virgolette del caso.  Non siamo didattici e probabilmente non lo saremo mai. Potremo, forse, essere più precisi con passaggi e dosi, però ed è un però di sostanza, credo che il fondamento di un blog,  di questo in particolare, sia mostrare se stessi. Non insegnare. Magari ispirare o stimolare, non siamo cuochi, siamo scioperati e narcisisti. Speriamo simpatici. Parliamo così, siamo così.
Comunque pensiamoci ai lettori che (MAGARI!) vogliono pure imparare. Io ci rifletto, eh..
Facciamo un esempio.
Quella che vedete sopra è una stellina di farinata con topping di ratatouille. Preparata per la cena del giovedì. Adoro la farinata, non sono capace di farla bene. Ieri ci riprovo, senza teglia di ghisa. Sarà comunque buona.. No. Non si stacca se non la fai nella teglia giusta. Non c'è verso.
Dopo un dieci minuti di spatolamento riesco a strapparne un frammento dall'abbraccio mortale con la leccarda, la imbelletto, la coppo a stellina,  la inciprio di verdura e la fotografo.
Bella è bella, però se il malcapitato utente prova a riprodurre la cecina/farinata/torta come ho fatto io NON GLI VIENE.
Condivido il fallimento con tutti voi, miei cari. Forse non l'avrei fatto se non avessi letto stamattina il post di Jasmine. Chissà.

Per chi volesse migliorare la cecina, passo le dosi:

*250gr di farina di ceci
*750 ml di acqua fredda
*10 gr di sale
*2 cucchiai d'olio
* pepe

Mescolare tutti gli ingredienti con una frusta, evitando i grumi. Lasciare riposare almeno un'ora. Infornare a 220° per una ventina di minuti,nella teglia di ghisa unta d'olio.
Così diceva la ricetta. Facile. Ma, forse, 220° sono troppi. Oppure serve acqua che evapori nel forno. Oppure la teglia di ghisa è fondamentale. Oppure va bene anche la leccarda coperta di carta da forno. Oppure.
Chi sapesse, bussi. Chi avesse qualcosa da dire, riflessioni filosofiche o barzellette, si faccia avanti.
Una buona fine di settimana a tutti.
(PoveraPazza)

28 luglio 2010

albicocche e pepe di Sichuan - la versione di P.P.

Se ti regalano la verdura, il basilico, altra verdura e ti promettono di regalartene ancora e ancora, tu come ti sdebiti?
Se avevi promesso sei libri alla tua nipotastra pre-teen e te ne sei dimenticata, come fai a farti perdonare?
Se è estate (e mi pare che lo sia) FAI UN CRUMBLE. Oddio, i catafottuti sono più il mio genere per l'assenza di burro*** e per il poco zucchero, però questo crumble mica è per me. Posso!

*** che sia una leggenda metropolitana che i piemontesi mangiano burro a chili? o forse io non sono piemontese? so per certo di essere stata concepita a Roma, che voglia dire qualcosa?

Mi procaccio 1,2 Kg di albicocche, 40gr di mandorle intere, un cucchiaino di pistacchi interi, burro (tanto) 125gr, 200 gr di zucchero,150 gr. di farina,  una decina di grani di pepe di Sichuan.
Taglio le albicocche a spicchi (prima le lavo thoroughly, ovviamente) e le faccio caramellare con un cucchiaio di burro e 100 gr di zucchero in padella antiaderente.
Pesto al mortaio l'Ingrediente Esotico, il pepe di Sichuan e lo aggiungo alle albicocche. Lascio raffreddare.
Preparo la pasta sbriciolata A MANO (ho letto che alcuni usano il cutter, io la punta dei miei diti, per dirla alla  Fantozzi):
con i suddetti DITI amalgamo, senza impastare, lo zucchero, la farina e il burro rimasto a pezzetti. Unisco le mandorle e i pistacchi, quelli sì, passati al cutter.
Pongo in frigo per una mezzorata le bricioline. Scucchiaio le albicocche in stampini individuali da creme caramel e ci verso sopra il briciolame dolce.
 Inforno a 180 per 25-30 minuti, o fino a doratura della copertura.
Regalo ai "fortunati" di cui sopra senza neppure assaggiarne un cucchiaino. Menzogna! La punta di un cucchiaino per assaggiare se il pepe si sentiva, ma giusto una puntina, eh..

(PoveraPazza rinunciataria)

26 luglio 2010

zuppetta di tagliatelle di farro

Mi sono messa in testa che devo imparare a fare la pasta. Pasta vera, intendo. Senza uova. La pasta all'uovo non mi è mai piaciuta. Quella di semola rimacinata è la vera pasta, per me. Quanto di più lontano dalla tradizione polenton-sabauda, ma tant'è.
Sulla scia di questa mania ho comprato giusto quei sei-sette chili di farine di vario genere. Il farro integrale tra loro.
Azzardo una tagliatella di farro senza uova:
150 gr di farina Manitoba,
150 gr di farina di farro-integrale-biologica-forse equa e solidale ecc.
un pizzicone di sale, un cucchiaio d'olio d'oliva (avvertenza: se non altrimenti specificato in tutti i post si tratta sempre di extra vergine)
acqua q.b.
Impastare a lungo tutti gli ingredienti fino ad ottenere una pasta soda ed elastica. Lasciare riposare coperta per almeno un'oretta.
Riprendere  la pasta e stenderla (pur possedendo la nonna papera, a mano e con mattarello in un evidente delirio di onnipotenza), piegare le sfoglie su se stesse e ricavarne delle tagliatelle abbastanza sottili.
Lasciar seccare per una notte almeno.
Si possono condire in mille e cinquecento modi, ovviamente.
Ho scelto, questa volta, un condimento cotto-crudo abbastanza interessante.
Per la zuppetta:
300 gr di gamberi, lime, basilico, olio, sale, pepe.
Pulire i gamberi tenendo le teste da parte, tagliarli a metà e farli marinare al fresco con il succo di un lime, la buccia grattugiata dello stesso, olio, sale pepe e basilico spezzettato.

Preparare una bisque: soffriggere un cipollotto fresco insieme ad una costa di sedano a dadini. Unire le teste dei gamberi e rosolare per qualche minuto. Unire acqua fino a coprire il tutto e lasciare sobbollire per una decina di minuti.
Passare al chinois, aggiustare di sale e pepe e tenere da parte.

Scolare dal liquido di governo dei ceci precotti (avendo più tempo i ceci secchi e lasciati a bagno le classiche 12 ore saranno perfetti). Preparare un fondo con carota e cipollotto, unire i legumi, coprire con brodo vegetale e lasciare cuocere per una decina di minuti. Passare con il frullatore a immersione, aggiungere la bisque preparata in precedenza e una spruzzata di lime. Salare e pepare. La consistenza della zuppetta è determinata dalla quantità di brodo che si usa per la cottura dei ceci. Parecchia=zuppetta zuppetta, pochina= crema. Vedete voi.

Nel frattempo lessare le tagliatelle molto al dente, scolarle e condirle con qualche cucchiaio di zuppetta. Per servire: un mestolo di zuppetta, le tagliatelle, un cucchiaio di gamberi marinati e qualche foglia di basilico spezzata a mano. Pepe bianco.


La prossima settimana ho in programma due o tre cosine nuove da sperimentare. Stateve accuorti (Gep, Amedè si dice così??)
(PoveraPazza).

22 luglio 2010

guess who's coming to dinner - lasagna vegetale

Metti una sera d'estate, un ragazzo e un quintale di verdura. Metti della pasta comprata per sbaglio, che credevi integrale e invece era agli spinaci. Metti delle erbe, tue, che vedi nascere e crescere. Metti della ricotta e della mozzarella di bufala. Metti dei ciappareddi (capperini) ragusani .Metti il tuo amico GeppetNo che ti ispira. Metti un piatto nuovo e una nuova forchetta.
Mescola energicamente e.. ecco fatto.

Per la teglia che si vede sotto:

3 piccole melanzane (grazie Simo!), 5 zucchine medie (grazie Simo e, sì..! mamma..), 2 peperoni rossi e uno giallo, biologici, una mozzarella di bufala, 250gr di ricotta vaccina, un mazzetto di erbe miste (basilico prezzemolo timo menta santoreggia, per esempio), capperi sott'olio (a me Giovanni  li regala così), grana, pecorino o ragusano grattugiati (un pugnetto), aglio peperoncino olio extra vergine (evo non lo userò mai, mi fa orrore), 10 sfoglie di pasta fresca (la mia era agli spinaci ).
Cuocere in forno i peperoni interi, far raffreddare nel classico sacchetto di carta, togliere la pellicina e ridurre a filetti, con le mani.
Tagliare a cubetti le melanzane e a rondelle gli zucchini e spadellare separatamente e brevemente con aglio in camicia e peperoncino.


Nel frattempo scottare in acqua bollente salata le sfoglie e asciugarle su un canovaccio.
Frullare con olio extra vergine q.b. le erbe e tagliare a dadini la mozzarella.
Unire alla ricotta, salata leggermente, i capperi tritati grossolanamente.
Per comporre la lasagna:
ungere il fondo della teglia con olio e disporre gli ingredienti a strati: pasta, ricotta, verdure, cubetti di mozzarella STRIZZATI , erbe, fino a esaurimento.

Terminare con le sfoglie, spennellare con latte e infiocchettare di burro (che stranamente avevo!) e cospargere di formaggio grattugiato.
Infornare a 200° per una trentina di minuti circa.
Nel frattempo il vostro giovane ospite sarà arrivato e l'avrete intrattenuto con due scampetti conditi con la colatura di alici (poi ne parliamo, eh..) e con chiacchiere senza sale, in attesa del piatto forte.
Mi pare che il malcapitato (bravissimo futuro cuoco) abbia gradito.
Ciao Pietro!
(PoveraPazza)



20 luglio 2010

di cetrioli e papaveri

Volete qualcosa di fresco ma non noioso? Deliziosamente inconsueto?
Provate questa semplicissima insalata.
Adesso è la stagione giusta, si riescono a trovare i cetrioli piccoli e croccanti che sono appunto quelli che servono.
Ce ne vorrà un mezzo chilo, per quattro.  E serviranno anche due peperoncini rossi, non troppo piccanti e tagliati a striscioline sottili, 3 cucchiai di coriandolo tritato grossolanamente (o prezzemolo ma non è la stessa cosa), 50 ml di aceto di riso o di mele, olio d'oliva, 2 cucchiai di semi di papavero, due di zucchero semolato, sale e pepe.
Che vi devo dire? L'unica accortezza è proprio la scelta del cetriolo. Piccolo e croccante o desistete.
Non vanno sbucciati ma tagliati a bastoncini inclinati di 1 x 3 cm, non piccolissimi. Dovessero essere un pò più grandi (poco) togliete i semi acquosi che si trovano all'interno.
Il sapore è agrodolce, quasi come i cetriolini tedeschi che si trovano al discount e che io adoro.
E' meglio prepararla al momento, altrimenti i cetrioli rilasciano troppa acqua, ma vedete voi.
Io l'ho mangiata da sola ma può essere il contorno di carni alla griglia (agnello e maiale soprattutto).
Che ve ne pare?
A noi è piaciuta molto.
(PoveraPazza)


Dite che son stata poco lirica questa volta? L'Ode to a pickle non mi è sgorgata dal cuore stamattina...